Uno dei motivi che rendono la psicoanalisi più affascinante ai miei occhi è la possibilità di conoscere molto profondamente una persona, partendo da un dettaglio qualunque.
Da un semplice “grazie” per esempio.
Un grazie è capace di rompere un muro di silenzio che altrimenti dividerebbe le persone. Un grazie è semplicissimo da pronunciare ma è molto potente. Soprattutto quando è sincero e carico di riconoscenza.
Un grazie può cancellare un passato fatto d’incomprendione o di rancore.
Come?
E’ merito soprattutto del metodo freudiano delle catene associative,
Un metodo che permette di unire con precisione i momenti della vita presente, chiari alla coscienza, con le emozioni legate al passato più nascoste alla coscienza.
Il primo esempio che mi viene in mente per descrivere il valore del “grazie” è il rapporto tra una suocera e sua nuora.
Facciamo il quadro.
Margherita, la suocera, ha un marito che ha spostato la voglia di affetto sulla sua cagnetta; ha un figlio, che possiede nel senso più egoistico del termine e qualche volta si accorge di avere avuto anche una figlia, tre anni dopo.
A sua volta Marina, la nuora, ha un fratello più grande di due anni e un padre che li ha lasciati molto presto in semi miseria, per seguire un’illusione.
Salto la maggior parte dei dettagli che descrivono la lotta continua tra suocera e nuora, ma dico che le due donne hanno una fantasia incredibile nel mettere trappole una per l’altra.
Quando sembra che arrivino ai ferri corti si accorgono del bisogno reciproco di stare unite e firmano l’armistizio con finta dolcezza e tanta voglia di ricominciare.
E veniamo alla funzione della parolina “grazie”.
La suocera dice di fare tantissimo per aiutare la nuora a tenere il bambino, quindi pretende un riconoscimento minimo, per esempio un semplice “grazie”.
La nuora, a sua volta, non vuole cedere,trova assurda quella pretesa. Infatti tenere il bimbo è un vero piacere per la suocera, che non avrebbe altrimenti.. Sia perché lo tratta come fosse suo figlio e se lo coccola con gioia, sia perché come alternativa passerebbe il tempo con un marito che gli preferisce la cagnetta.
La discussione dura da anni e sarebbe forse stata interminabile se la nuora non fosse venuta in analisi, non avesse accettato di risalire all’origine più antica del suo rifiuto e non si fosse decisa un giorno a pronunciare quella breve ma importante parolina: “grazie”. E’ successo alla fine di una serata in cui, grazie alla presenza della suocera, lei e il marito avevano potuto godersi una serata ad una festa.
“E’ stato semplicissimo eppure commovente”, disse in seguito
Quanto alla suocera, beh, non si può obbligare una persona ormai anziana a fare lo stesso, ma se un elemento della coppia decide di operare un cambiamento anche l’altro sarà portato a cambiare, tanto o poco, per la nota legge dell’omeostasi relazionale.
In breve.
Un grazie contiene la voglia di passare dal risentimento per il male che possiamo aver ricevuto in passato, alla riconoscenza che nel presente dobbiamo a persone che, al contrario, ci vogliono bene.
Il fatto che queste persone possano rappresentare le precedenti, per esempio che la suocera rappresenti la madre, può essere cancellato da un semplice “grazie” che ci riporta nella realtà.
Una realtà in cui possiamo essere più protagonisti di prima.