La voglia di essere gatto
LA VOGLIA DI ESSERE GATTO
Penso che il gatto domestico sia l’evoluzione dell’essere umano, intendo come carattere naturalmente.
Ne traccio la storia e vediamo se è vero.
Nella tradizione dell’antico Egitto era una figura sacra, adorata come rappresentazione della dea Bastet, la parte femminile della divinità.
Secondo quella tradizione era passata da leonessa a gatta. Metafora delle speranze umane che la violenza si trasformi in serenità.
Un’ipotesi fantasiosa è che si trattasse di una leonessa che aveva capito come si potesse ottenere di più, e con meno fatica, a fare la gatta.
Ma possiamo anche immaginare un doppio passaggio: da leonessa a donna e da donna a gatta.
Possiamo immaginare che la leonessa si fosse accorta di non essere più la regina della foresta da quando un gruppo di esseri umani l’avevano invasa con i loro mezzi artificiali. Che avesse notato come le fosse impossibile vincere le loro mani capaci di fare oggetti più veloci, distruttivi e potenti delle sue doti naturali.
Continuando la nostra favola, pensiamo che abbia davvero iniziato a trasformarsi in essere umano. Pian piano, per non suscitare invidie, deve aver fatto quello che fanno i piccoli umani: ha fotografato, copiato e assunto ogni aspetto umanoide fino al giorno in cui, un millennio dopo, si è ritrovata donna.
All’inizio era felice, non faceva che scoprire nuove capacità di capire e di fare. Vedeva i tanti limiti del regno animale e le prospettive illimitate dell’intelligenza umana. Pensava che con quella si potessero percorrere solo strade illuminate da opere buone e utili.
Con la sua ben nota capacità di agire partecipò all’evoluzione delle società e rimase per molti secoli protagonista dei vari cambiamenti del mondo.
Se ne accorsero in pochi, dal momento che una diffusa caratteristica umana è il narcisismo, quel tratto che porta a vedere solo il proprio ego, le proprie esigenze, la propria bellezza e il proprio potere.
Un ego certamente più grande di quello del leone, al quale era in precedenza abituata.
Ma possiamo anche immaginare che col passare dei secoli, quella donna si fosse stancata delle complicazioni dell’intelligenza che subito le era piaciuta, e di cui gli umani si vantavano tanto.
Si vantavano di capire tutto e non capivano la parte più personale e più importante di se stessi.
Erano diventati bravissimi a criticare gli altri, a vederne ogni difetto, anzi di più, ma ognuno nascondeva la propria vera vita.
Con la loro intelligenza, deve aver pensato un giorno, avevano inventato il fuoco ed ora lo usavano per bruciare le città dei loro simili e le foreste che regalavano loro l’ossigeno.
Avevano inventato la ruota e la usavano per spingere avanti le catapulte, poi i cannoni, poi le auto e i camion e i carri armati e altre diavolerie tutte inquinanti la terra. Avevano inventato gli aerei con cui si spostavano scaricando a terra tonnellate di kerosene, quando non li usavano per gettare sulle case migliaia di bombe. Erano arrivati persino a chiamare intelligenti le loro bombe, tanto avevano le idee chiare.
O tanto pensavano che i loro simili fossero stupidi.
Con il loro acume, gli umani avevano inventato l’intelligenza artificiale.
Si raccontavano che con quella sarebbero diventati padroni dell’universo perché l’intelligenza artificiale si può espandere sempre e non si stanca mai.
Illusi, nemmeno l’universo è infinito.
E poi, un’intelligenza al servizio di chi la vorrebbe controllare ma più potente del suo controllore: quale sciocco paradosso.
Come la brillante pensata di voler vincere un nemico usando l’atomica, sapendo che ce l’ha anche lui e che il risultato sarebbe la distruzione totale di entrambi.
Insomma, se questa è la grande intelligenza che mi aveva attratto, deve aver pensato ad un certo punto, devo smarcarmi presto.
Con queste riflessioni, e col passare dei secoli, quella donna ha quindi deciso di evolversi rispetto alla falsa e dannosa capacità intellettiva umana.
Così è diventata gatta.
Sempre parte della suprema razza felina, ma meno aggressiva e più vicina all’uomo, del quale era pur sempre conveniente essere amici.
Forse è stata troppo impulsiva e pessimista.
Forse ha visto troppi aspetti negativi del mondo umano e non ha dato valore alle persone positive che ogni giorno aiutano, creano, soccorrono, costruiscono, insegnano, sostengono gli altri e cercano di salvare il pianeta.
O forse le ha viste, sì, ma in gran minoranza e molto più povere e più deboli.
Adesso mi osserva sorniona, un po’ in ansia per il mio sguardo insolitamente crucciato. Poi, quasi compatendo il mio stato di essere umano, si avvicina con gli occhi seduttivi, prende la sua dose di coccole con l’aria di chi mi fa un favore e torna sul suo gigantesco cuscino.
Mi pare che abbia completamente rimosso la sua vita appena lasciata, quella di persona intelligente.
Intelligente?
Mah, ora non ci pensa più, acqua passata.
Oggi ha un altro tipo di problemi: è in attesa della prossima dose di croccantini e col sogno che tra mezz’oretta ci siano le teste di mazzancolle alla giapponese, da venirsi a gustare alla nostra tavola.
Affatto preoccupata di quello che combinano quei fenomeni di umani, con la suprema intelligenza loro, con quella delle loro bombe e dei loro computer, alza poco poco la testa verso di me.
Io la fisso a mia volta per dirle che sono d’accordo, che mi ha convinto e che un giorno, forse, sarò anch’io un bel micio domestico: sornione, egoista, libero e coccoloso.
Ma ora non svegliatemi per cortesia.