L’ebrezza e il bisogno dell’azzardo

L’ebrezza e il bisogno dell’azzardo

L’ebrezza della sfida al “destino” è un elemento psicologico importantissimo per l’essere umano.
Si può dire che inizi nel momento stesso in cui il bimbo e la bimba si accorgono che c’è qualcun altro fuori, oltre alla grande mamma protettiva.
Non sanno ancora chi e come sarà, ma percepiscono in quei momenti che un mondo è finito e non tornerà.
Ne inizia un altro, inizia un’altra fase della vita di cui non hanno il controllo, ma con cui dovranno misurarsi.
Se la mamma in quel momento infonde serenità inizia per loro un bel viaggio, fatto di persone e situazioni prettamente amiche.
Se viceversa la mamma non è serena il viaggio sarà vissuto come un percorso ad ostacoli variamente visti come pericolosi.
Quanto al destino, chi accetta l’idea che esista e guidi la vita, lo chiama in vari modi: fato, Qismah, Naadi, Yuanfen, Karma, eccetera. Secondo religione, cultura e tradizioni.
E lo segue, esaltandolo, giustificandolo, o restandone semplice prigioniero.
Chi non accetta l’idea di dipendere da una “forza” che ha già scritto tutto, trasferisce la sfida su altri elementi, ritenuti adatti.
Lo fa per smentirne la potenza e soprattutto l’ineluttabilità.
Giochi, sport, persone, situazioni varie possono essere investite dalla pulsione, dall’ebrezza e dalla nevrosi di sfidare.
All’inizio la sfida è necessaria per superare gli ostacoli e crescere, ma in seguito può ingigantirsi, se porta con sé l’originario e interiorizzato messaggio dell’impotenza.
Un messaggio antico, come abbiamo visto, succhiato col primo latte, manifestato nei primi vagiti e troppo spesso confermato dall’ansia materna.
Iniziano i conflitti.
Il bimbo e la bimba sperimentano da subito il bisogno imprescindibile di essere accuditi e guardano con dipendente ammirazione l’onnipotenza dei genitori.
Allo stesso tempo però lanciano e vincono sfide decisive per la loro crescita, partendo da quelle lanciate istintivamente ai genitori stessi.
Innanzitutto la sfida di stare in piedi e di muoversi da soli nello spazio che prima era dominio dei grandi.
Un’ebrezza irripetibile quella di andarsi a prendere liberamente quello che prima ottenevano, forse, solo se la mamma o il papà avevano voglia di darlo e magari a prezzo di strilli e pianti.
Una sfida questa che torna, spesso feroce, nell’adolescenza.
Una volta in piedi si rendono conto di crescere e assumono la fantasia di diventare grandissimi e bellissime.
Ma quanti gesti d’azzardo sono necessari prima di sentirsi grandi?
Molte volte bimbo e bimba hanno il timore, e magari l’inconscio desiderio, di non farcela e devono decidere se fermarsi, tornare indietro o proseguire.

Quando si è piccoli fermarsi, psicologicamente, sembra spesso la soluzione più comoda.
Rinunciare alla sfida e restare nella culla al calduccio, dove la fantasia fa credere di essere ancora accuditi e nutriti ha il suo fascino.
Rinunciare alla sfida reale e fare la fantasia di avere l’onnipotenza dei genitori per vincere le sfide del nuovo mondo, può essere una soluzione all’ansia di non riuscire.
Per un bimbo che ha “bevuto” ansia, per esempio, adattarsi ad andare a scuola, in mezzo a tutti quei personaggi nuovi, può essere troppo difficoltoso.
Ed ecco allora la fantasia.
“Sono nato piccolo e dipendente, ma posso crescere e diventare  onnipotente come mamma e papà, anzi di più.”
Questa idea resta nella psiche come un timbro ad inchiostro indelebile, in compagnia dell’altra.

Della voglia di culla.
Su questa particolare miscela, contraddittoria fino alla nevrosi, si muovono quasi tutte le attività umane, compresa la politica.
Si muovono, tra l’altro, il gatto e la volpe dei boss dei giochi d’azzardo, dei grandi manipolatori e truffatori che hanno trovato la loro  grancassa nel web.
Anche se tutti i giocatori d’azzardo sanno che le probabilità di vincita sono sempre molto limitate, sfidano persino la matematica, come se in gioco ci fosse solo un altro giocatore, non tanti altri milioni.
Spinti dalla primaria infantile illusione, ci provano comunque.
Spesso non controllano neppure se hanno vinto, e sembra un paradosso, ma il piacere è l’azzardo in se stesso; è l’illusione di poter vincere sconfiggendo anche l’ostacolo della probabilità troppo sfavorevole; è il senso di onnipotenza che quell’illusione regala fino al momento della verifica e da lì alla prossima giocata.
Un storia infinita, che Freud ha definito “coazione a ripetere”.
Un meccanismo che viene utilizzato in ogni altra circostanza della vita.
Pensiamo alla conquista amorosa di un lui o una lei inarrivabili, o “proibiti”, a quanta carica erotica viene sprigionata per arrivare a quell’obiettivo e alla delusione che arriva, quasi inevitabile, quando l’ex proibito diventa il quotidiano.
Pensiamo anche solo agli sport “estremi” che regalano altrettanta adrenalina finché sono pericolosi e magari ritenuti per pochi (ovvero inarrivabili ai più).
Pensiamo alla decisione di restare caparbiamente in un rapporto tanto rancoroso da prefigurare un suicidio psichico. Quando non anche fisico.
Pensiamo alle guerre che uccidono
veramente, anche quelli che l’azzardo non l’avrebbero voluto.

C’è dunque il rovescio della medaglia.
C’è che l’ebrezza dell’azzardo è una caratteristica innata, che serve per superare gli ostacoli, ma è particolarmente cercata da chi ha l’ansia interiore che gli succeda qualcosa di brutto.
L’ebrezza dell’onnipotenza è la difesa più ovvia di chi ha l’ansia di diventare impotente.
C’è chi proietta all’esterno questa sensazione e chi la ingloba sempre di più, fino a riportarla alle origini allo stato della sua simbiosi.
A quel punto cerca la conferma della sensazione più conosciuta, dell’ansia da impotenza: l’insuccesso, l’auto svalutazione, l’autodistruzione fino alle più dolorose conseguenze.
Due tipi di ebrezza che nella storia di ogni persona, esattamente come in quella delle popolazioni, hanno portato a scoperte molto importanti, ma anche a grandi tragedie.

Due tipi di ebrezza che richiedono qualche riflessione in modo che vinca la migliore.
L’azzardo che spinge ad agire con amore, con molto amore, anche oltre le normali azioni verso se stessi e verso gli altri, quello è l’azzardo che auguro a tutti e di cui so che tutti hanno bisogno.
Va cercato, a costo di arrivare alla più tenera età, e penso che tutti abbiano la possibilità di trovarlo.
                                                                                                 

Lascia un commento