A chi interessa votare e a chi no: illusioni e delusioni
L’ultimo argomento di cui si può sentir parlare nello studio di uno psicoanalista è a chi si dà il voto.
Invece, uno dei primi argomenti è il potere, ovvero l’abuso di potere: quello in famiglia, quello nella coppia, quello sul posto di lavoro, eccetera. Infine l’abuso di potere di chi amministra e governa.
Succede che i figli, finché son piccoli hanno poca forza contrattuale rispetto agli abusi, lievi o gravi, dei genitori.
Succede che crescono e devono trovare un equilibrio di potere all’interno del rapporto di coppia: spesso son dolori e spesso ci riescono.
Ma devono conquistarsi le posizioni con i vari mezzi che i caratteri consentono. A volte con tanta fatica.
Succede che anche il denaro sia assunto ad elemento di potere. Un potere a volte tiranno davvero, che impedisce alle persone di avere il minimo che permette una vita dignitosa e serena.
Succede di frequente che sul posto di lavoro il potere sia costituito e indiscutibile. Che dunque venga subito senza molte possibilità di critica diretta. La pena infatti può essere umiliante e ultimamente anche grave: la perdita del posto, il mobbing, la difficoltà di reinserirsi, la perdita di stima in famiglia e tra gli amici. Sono cose molto serie.
Succede che ad un certo punto si cerchi un potere astratto, idealizzato, fatto a propria convenienza, che restituisca nei sogni ciò che il potere della realtà ha tolto o calpestato.
Poi succede che in questa confusa e malmessa democrazia ci si ricordi di avere pur sempre il diritto di voto. Un piccolo ma prezioso diritto, che preso singolarmente ha poco peso ma insieme a tanti altri ne ha molto.
Certo che non risolve immediatamente il problema della coppia, del lavoro, del denaro, no, ma è comunque il diritto a mandare un messaggio verso chi dovrà governare.
Però quasi il 60% degli italiani non ne vuole usufruire, ci rinuncia e non propone alternative.
Delusione, dicono i sociologi, la gente non crede più nella politica.
Spiegazione parzialmente vera ma troppo superficiale.
La delusione è quasi sempre figlia dell’illusione e spesso sfocia nella depressione.
Tanto più grande è l’illusione tanto più cocente è la delusione. L’illusione a sua volta nasce come meccanismo psichico, molto infantile, che dovrebbe difendere l’integrità del carattere in situazioni di disagio prolungato e insostenibile.
Ma su questo meccanismo, in origine sano, si sono gettati tutti quelli che usano le persone per ricavarne profitto di qualunque tipo.
E le persone bisognose diventano i bersagli più facili.
Per esempio, più le condizioni economiche sono difficili più alto, paradossalmente, diventa il numero di quelli che spendono soldi per sperare di vincere a qualcosa, degli scommettitori, di chi si getta in imprese ad alto rischio. Queste persone sanno bene che le probabilità di perdere sono molto più alte di quelle di vincere, ma l’illusione è una droga fortissima.
L’illusione si basa sul pensiero onnipotente di chi non deve fare per avere, perché la grande mamma provvede a tutto. Non vede la realtà che lo circonda quando è ancora in fasce, ma continua a non vederla anche quando passano gli anni senza che si completi lo sviluppo psico-affettivo. A quel punto, questa grande piccola persona si ritira in un mondo simbiotico con la sua “mamma” immaginaria. Una mamma che può avere qualunque aspetto, all’infuori di quello vero.
Può essere un’agenzia di scommesse, una persona idealizzata, una squadra di calcio, una religione o una pratica simil religiosa, ma anche un leader politico o un partito.
Chiunque prometta un mondo più bello, la sconfitta del male, la realizzazione di un sogno, il lavoro, la sicurezza può essere quella mamma onnipotente. Ovvero, la fata turchina con la sua bacchetta magica.
Chi coltiva un’illusione non è interessato alla realtà. Molti giocatori di lotterie e simili non vanno a ritirare la loro vincita perché non controllano se l’illusione si è realizzata o no. La realtà non interessa.
Così i politici possono fare promesse che non realizzeranno mai, perché le indirizzano a persone che non controlleranno assolutamente le cose concrete, perché la realtà è un’altra cosa.
Per costoro la realtà è comunque brutta, ma è necessaria sia per sputare il veleno antico dell’abbandono e delle delusioni patite, sia per continuare a tenersene lontani.
Ho letto in questi giorni che solo il 45% delle promesse elettorali può essere realizzato, ma questo soltanto nel migliore dei casi.
E una fonte autorevole ha pubblicato che le promesse di un noto politico, in una altrettanto nota trasmissione televisiva, sono state realizzate per lo 0,68% del totale!
Incredibile. Ma quello che mi ha lasciato male è che la notizia non abbia provocato scandalo: è scivolata via nella confusione delle tante realtà difficili, dolorose, stressanti che i media diffondono a piene pagine e che interessano sempre meno i figli dell’illusione.
I quali forse non voteranno nemmeno, unendosi a quel famoso 60% di rinunciatari.
Paghi delle nuove e più formidabili promesse ascoltate, lasceranno passare il giorno delle elezioni, per riprendere poi con più forza “a maledir le donne, il tempo ed il governo”.
Come disse Fabrizio De André: poeta e grande osservatore sociale.