Il solco tra distacco e abbandono
Un autore, ultimamente molto letto in università, tratta di attaccamento e distacco.
Si tratta di due comportamenti che nascono come naturali e così dovrebbero rimanere se la vita scorresse senza eccessivi ostacoli.
In caso contrario, la situazione cambia e dovrebbe cambiare anche il punto di vista dello psicoterapeuta. In questo caso infatti i due comportamenti non hanno più la stessa caratteristica.
Uno resta naturale ma l’altro è artificiale.
Parlo di distacco e abbandono.
Ma procediamo per gradi.
Per fare un figlio, dice Guccini, basta un’ora d’amore: è una frase ad effetto del poeta-cantastorie e come tale l’accettiamo.
Ma da studiosi della formazione della personalità notiamo, in modo meno romantico, che durante quell’ipotetica ora iniziano vari attaccamenti e distacchi, nell’ordine: l’attaccamento della femmina al maschio e viceversa, il distacco degli spermatozoi dal maschio; l’attaccamento degli stessi all’ovulo della femmina; il processo di simbiosi per cui l’uno e l’altro smettono di essere unità differenti e diventano un solo soggetto, quasi come fosse il primo esempio del comportamento imitante dei figli sui genitori.
Quel soggetto resta attaccato alla madre per nove mesi e verso la fine si prepara al primo distacco della sua vita: la nascita.
Neanche il tempo di aprire gli occhi e far sentire la sua voce, che viene subito ripreso e attaccato al seno.
Questo nuovo attaccamento è più attivo, anche un po’ faticoso ma proprio per questo procura una soddisfazione meritata, quindi è più piacevole.
Sto considerando un cammino naturale, quasi ideale, quasi privo di conflitti da parte dei genitori. Nella realtà si presentano spesso situazioni troppo difficili, perché tutto possa procedere serenamente. Ma questo è un discorso diverso, quasi mai dovuto alla natura.
In natura il distacco dal seno viene preparato per tempo, sia dalla capacità dell’infante di digerire altri cibi oltre al latte, e poi da un vero e proprio “pensionamento” degli enzimi del latte, sia dalla comparsa dei dentini che convincono la madre a distaccare il figlio dal suo seno per evitare di essere ferita a sangue.
Segue la presa di coscienza del bimbo, che il cibo va distaccato dal pancino, con annessi rituali giocosi, sempre secondo natura.
E si arriva all’ultimo attaccamento indispensabile alla vita: la fase fallica, la prova generale di quella che ogni essere vivente fa per salvare dall’estinzione la propria razza.
Freud è partito ed è arrivato qua, perché questo è l’obiettivo incontestabile della vita.
Poi ci sta che ogni altro psicologo aggiunga dettagli agli studi originali, ma che aggiunga, non che cerchi di cambiare il quadro della vita.
E ovviamente ci sta che ogni persona adulta decida se e come e quando seguire il corso della natura.
La fase successiva, quella di latenza, è funzionale a vivere bene. Si tratta d’imparare a vivere in gruppo, quindi è un perfezionamento molto utile, anche se non è proprio indispensabile come la fasi precedenti, almeno in questo momento storico.
In questa fase attaccamento e distacco hanno una più scarsa valenza e facilmente si alternano tra personcine diverse.
Per concludere, attaccamento e distacco sono due elementi opposti, ma ugualmente necessari per la formazione della personalità.
Pertanto, dovrebbero essere vissuti, entrambi, con naturalezza.
I genitori, e in seguito gli educatori, sono semplicemente chiamati a favorire entrambi.
E veniamo ad una situazione diversa: la separazione profonda tra distacco e abbandono.
Si tratta di un solco scavato tra il fenomeno naturale del distacco e quello artificiale dell’abbandono.
Il distacco è naturale in quanto il soggetto sente la spinta interiore ad andare via, ad allontanarsi dalla situazione in cui si trova e chi è con lui o lei (genitore, partner…) non la ostacola e magari la favorisce.
Nell’abbandono succede qualcosa di molto differente.
Il soggetto sente la spinta naturale ad allontanarsi, la madre (inizialmente è solo lei il riferimento) lo tiene attaccato a sè e gli comunica che solo con lei può stare sicuro.
Se dovessi fare un elenco dei modi in cui questo avviene non mi basterebbe un’enciclopedia. Per abbreviare moltissimo, dico “ansia”.
All’inizio è l’ansia della madre che comunica al bimbo e alla bimba che se si allontana va nel pericolo. E più forte è l’ansia più mostruosa diventa la fantasia del pericolo.
Ma succede un altro fenomeno che porta definitivamente alla sensazione di essere abbandonati quando invece si dovrebbe semplicemente vivere un distacco naturale.
Il tradimento.
La madre che con la sua ansia dice, indirettamente e inconsciamente, “se non stai vicino a me vai nel pericolo” fa l’implicita promessa di restare a sua volta sempre vicina, a completa disposizione, del figlio o della figlia.
E’ chiaro che in quel momento non ne è consapevole e non immagina nemmeno lontanamente gli effetti deleteri del suo impegno.
Non sa che si tratta di una promessa di simbiosi artificiale, che nessuna madre al mondo potrebbe mai mantenere, se non con gravi conseguenze psichiche per se stessa e per la figlia o il figlio.
E allora ecco il tradimento: la prima volta che la madre si allontana e non torna subito il soggetto si sente tradito.
E abbandonato.
Da quel momento il tradito pretenderà il risarcimento: “da oggi starai con me ogni volta che vorrò io”.
Quella frase di pretesa, inizialmente logica, rimarrà nella psiche della persona durante tutta la sua vita e procurerà condizioni di dolore proporzionate alla quantità e alla durata dell’ansia interiorizzata in famiglia.
Come si torna indietro?
E’ la domanda che farebbe un paziente in analisi.
La risposta però è la stessa analisi, non c’è una risposta teorica che possa portare al cambiamento.
Per essere positivo, dico che la teoria serve come introduzione, ma solo nel migliore dei casi.
E sempre per essere positivo, dico che serve essere costanti nel lavoro analitico su se stessi.
Un lavoro pratico, fatto sempre con l’aiuto dell’analista (o psicoterapeuta psicoanalitico) che mira a ricreare il più possibile la condizione primaria, in cui attaccamento e distacco tornano ad essere uno stato naturale.