Caro dolce “far niente non dirci addio”

Caro dolce “far niente”, non dirci addio.

Dal portico bianco della sua casa coloniale, il vecchio si culla lentamente sulla poltrona a dondolo, incurante del tempo e del mondo attorno a lui.
Non è in pensione, non sta lavorando, non aspetta qualcuno, forse non sta nemmeno pensando: è semplicemente lì.
Non si annoia, nel senso che non prova quel tipo di noia che è depressione, malessere, no, anzi è tranquillo.
La sua psiche non produce di certo pensieri negativi.
Accanto c’è il cane, fedele compagno del suo relax; e c’è  qualche mosca che insiste nel succhiare un po’ della sua pelle, lasciandolo tutto sommato indifferente.
Quante volte abbiamo visto un film con questa immagine?
Non so se qualcuno abbia pensato alla noia davanti a questa scena.
La noia nel dizionario d’italiano è sofferenza, è malinconia normalmente attribuita al fare qualcosa di monotono. Oppure (Ungaretti), conseguenza dell’incertezza tra riposare e dover riprendere a lavorare. Un momento di riposo disturbato dal dover fare.
Ma per lo psicoanalista le cose non stanno così.
Avere e fare non sono i soli termini che contano.
Per esempio, vedo scene del romanzo di Moravia “La noia”. La storia di un uomo che ha sempre avuto tutto, fin da bambino, che non ha mai dovuto fare per avere, che per questo non è mai riuscito a dare importanza a qualcosa se non nel momento in cui stava per perderla. Fino alla sua massima espressione: accorgersi di avere la vita solo quando un incidente l’ha messo di fronte alla morte.
Solo in quel momento ha aperto gli occhi e ha potuto confrontare l’irrealtà con la realtà.
Ciò che non aveva conquistato non esisteva veramente. Ne capiva il valore solo quando stava per perderla e doveva fare qualcosa per averla.
Che tristezza.
Esempi contrari: da una parte l’uomo che gode il suo tutto, quando sembra che abbia niente, e niente desidera di più; dall’altra l’uomo che pare abbia tutto, ma niente può godere perché il suo tutto è niente, non esiste finché non lo perde.
In mezzo l’indeciso, che si trova nello stato del far niente mentre già pensa a fare qualcosa.
Con un filo conduttore preziosissimo: il tempo.
Il tempo è quell’elemento che la tecnologia sta finendo di rubarci, di nascosto ma inesorabilmente.
Lo possediamo tutto nel momento stesso in cui nasciamo e da allora iniziamo a perderlo in mille diversi modi.
Risultato?
Una persona va in pensione, non gli rimane più così tanto tempo da vivere, eppure si lamenta perché non ha niente da fare, non sa come ammazzare il tempo: addio immagine del vecchio che dondola tranquillo nel suo mondo senza fare e senza tempo.
Il pensionato è ormai condizionato dai ritmi del lavoro e non conosce altro.
L’altra condizione la chiama: “non fare”, cioè privazione del fare. Una mancanza, dunque una tristezza, una noia fatta di solitudine.
Poi c’è qualcosa che procura ancora più dolore: la noia nera delle persone che avrebbero tanta vita da godere ma la perdono mentre cercano di riempirla di tutto. Un tutto che, ancora una volta, è niente.
E’ la bulimia del fare e dell’avere.
Fare troppo e voler avere troppo toglie importanza a ciò che si fa e a ciò che si ha.
Priva del piacere di vivere e lascia solo una grande, tristissima e noiosa sensazione di vuoto.
La fantasia inconscia è piena, esageratamente piena di tutto, e pretende una realtà altrettanto colma, persino traboccante.
Solo che la realtà non può mai raggiungere quel tipo di fantasia: è davvero impossibile perché il mondo reale ha dei confini, sempre, magari vastissimi ma li ha, mentre la fantasia è senza, è infinita. Finché il cervello funziona la fantasia può espandersi quanto vuole.
Si tratta dunque di confronti impossibili.
Riprendiamoci allora la bella sensazione del dolce far niente, la noia positiva di momenti realmente privi di doveri e di paragoni.
E’ chiaro, possono essere solo dei momenti, ma l’importante è che ci siano e non siano prigionieri degli impegni.
Sul dondolo davanti a casa, ma anche sul letto in dolce simbiosi, o nel bosco o in riva al mare o in città.
Anche solo per qualche minuto al giorno, se proprio non riusciamo a liberarci subito della bulimia del fare.
Qualche minuto che non misuriamo con l’orologio e lasciamo che duri finché dura.
Da soli, ma anche in compagnia, inducendo gli altri a godere con noi questa breve parentesi di fantastica noia positiva.
Un esperimento che vi piacerà, un momento diverso, fatto di un dolce far niente che vale davvero tutto quel che siamo.

Lascia un commento