Il paradosso dei legami d’amore distruttivi

 

Si amano, oppure si odiano, due persone che stanno insieme, con o senza rapporti sessuali, mentre si rovinano la vita in mille modi ?
Verrebbe facile rispondere, secondo un detto comune, che odio e amore sono due facce della stessa medaglia, ma sarebbe una risposta un po’ fatalistica, che non spiegherebbe a sufficienza il tormento a cui si sottopone chi li vive insieme in una relazione affettiva.
Odio e amore in effetti sono due sentimenti che possono albergare nella stessa persona anche in misura eccessiva, ma se sono diretti nella stessa direzione (verso se stessi o verso altri) provocano conseguenze molto dolorose.
Quando una persona odia un’altra e contemporaneamente la ama è evidente che vive un conflitto paradossale, quindi psicopatologico, irrisolvibile senza un intervento psicoterapeutico specifico.
I sentimenti, di cui odio e amore sono i più rappresentativi ed essenziali, nascono tutti dalle emozioni umane.
Queste a loro volta sono la conseguenza di esperienze e di fantasie, contenute in una tendenza naturale, che si attivano spontaneamente in due precise aree del cervello, con la funzione di alimentare determinate azioni/relazioni e inibirne altre.
Per essere più preciso e seguendo le conoscenze attuali, un’area del cervello è adibita a fotografare, interiorizzare e riprodurre i modi di fare delle persone presenti (quella conosciuta come area dei neuroni specchio). Ovviamente più le persone sono presenti, e necessarie, più frequentemente sono interiorizzate e diventano influenti nella formazione della personalità.
Purtroppo questo succede anche se le persone vicine sono negative: l’interiorizzazione è un meccanismo automatico che prescinde dalla volontà della persona, almeno fino ad una certa età e capacità difensiva.
Una seconda area è specializzata nel cercare la sincronia anche fisica con gli altri presenti e necessari, qualunque sia il loro comportamento.
Rispetto a questo verrebbe da chiedersi perché una volta che l’ambiente è stato fotografato e le azioni ne sono la riproduzione, ci sia ancora bisogno della ricerca della sincronia. La risposta è possibile solo considerando la personalità di base, il fatto cioè che ogni persona nasce con proprie caratteristiche originali. Interiorizzare le persone vicine non vuol dire ripeterne pedissequamente i gesti, ma cercare di armonizzarli con la propria tendenza naturale.
A costo di creare dolorosi conflitti.

coppia in crisi 8Se il bimbo e la bimba ricevono gesti d’amore ne godono e li ripropongono volentieri perché servono a metterli in buona relazione con chi glieli ha dati.
Se ricevono gesti di odio invece entrano in conflitto perché devono trovare un accordo tra due elementi opposti: il male che viene fatto loro col gesto di odio e il bene di chi comunque li nutre e comunque li accompagna alla vita.
Una sincronia troppo difficile, soprattutto per chi deve ancora formare la propria personalità.
Vorrei ricordare che deve essere sempre considerato il punto di vista di chi riceve nel momento in cui riceve, non le intenzioni di chi fa il gesto.
Prendiamo come esempio una coppia adulta;
propongo di prenderla già affiatata perché il conflitto è più facilmente analizzabile ma l’esempio vale per ogni tipo di coppia.
Nel suo formarsi ognuno dei partner porta in dote le proprie consuetudini, anche quelle nevrotiche, e cerca nell’altro il tassello giusto per proseguire il tipo di relazioni che ha imparato a vivere nella famiglia d’origine. Si tratta di uno schema, che col passare dei giorni e degli anni è andato strutturandosi così fortemente nelle aree del cervello, e per conseguenza nella psiche, da venire agito in modo automatico durante tutta la vita, in modo automatico e inconscio.
Se ne deduce che quando le persone s’incontrano non sono coscienti della relazione che andranno a stabilire e del perché lo faranno.
Non importa se sono convinte del contrario, non importa quello che dicono di conoscere, importano i sintomi che si manifestano.
Le parole pensate, quelle che una persona dice con vera coscienza sono solo una piccola parte del contenuto della psiche, il resto lo dice il corpo, oppure lo dicono le parole nascoste nelle metafore, nei sogni, nei deliri, nelle invenzioni fantasiose, nelle idealizzazioni, nei gesti “involontari” e in tutte le altre forme di copertura che chiamiamo sintomi.
Se, per esempio, una persona dice di aver scelto il partner perché gli piaceva tantissimo il tal particolare o tutto di lui/lei, poi però vive in modo prevalentemente infelice, o di colpo si ritrova infelice, vuol dire che l’inconscio aveva provocato l’incontro avendo un obiettivo assolutamente diverso da quello della coscienza.
E allora, per sapere il motivo più profondo che porta due persone a scegliersi bisogna conoscere la personalità di base e analizzare la vita di relazioni familiari che ha vissuto ognuna di loro durante la prima infanzia, cioè nel periodo in cui si è formato il carattere.
Bisogna trovare il “bisogno primario” rimasto insoddisfatto. Sia esso positivo o negativo.
Da qua non si scappa: lo si è visto e rivisto e rivisto in decine e centinaia di migliaia di pazienti. Se al tempo di Freud poteva sembrare un’ipotesi di fantasia, nonostante la sua cristallina logicità, oggi abbiamo troppe evidenze per continuare a discuterne. Anche se l’analista deve accettare che un paziente resista, spesso involontariamente, all’idea di fare ricerche nella prima parte della sua vita, se vede che inizia col dire che non ricorda niente o che non serve a niente ricordare, o che ha già detto tutto e non capisce che cos’altro serva cercare, resta il fatto che i suoi vissuti, gesti o emozioni, sono stati tutti registrati come risposte all’ambiente del proprio carattere di base.
Alcuni di questi hanno avuto il “permesso” di emergere alla coscienza, perché l’ambiente li ha accettati e dunque hanno smesso di provocare conflitti; altri restano protetti come “segreti”, tipo quelli di stato, perché all’epoca in cui sono stati vissuti sono stati ritenuti proibiti o ingestibili e il giudizio inconscio non è mai cambiato. Ma non per questo si può dire che non esistano.
La psicoanalisi, con Freud, ha trovato il modo di renderli coscienti in gran parte e di comprendere i falsi vantaggi che portano la persona ad agire in modo “sbagliato” nel presente.
In altra occasione riparleremo delle difese e delle resistenze che la persona utilizza per difendere l’inconscio anche contro il proprio interesse cosciente.
Ma torniamo alla coppia che abbiamo preso come esempio: è formata da due persone che apparentemente sono affiatate. Vivono insieme da un certo periodo, hanno alcuni interessi in comune che nei momenti d’amore li fanno sentire fortunati e magari predestinati alla felicità. Si sono fortemente corteggiati e voluti; mantengono momenti d’innamoramento e d’amore che il tempo a volte ha consumato e a volte ha rispettato un po’ di più; è persino possibile che il loro amore possa definirsi più potente del normale; possono anche vivere momenti di passione come collante e garanzia di durata. Magari generano uno o più figli, anche questi inconsci catalizzatori del legame; si aiutano e si cercano non solo nei momenti difficili ma anche e soprattutto quando hanno la percezione di un pericolo per la coppia.
E questa è la faccia diciamo dell’amore, quella che riprende la parte dei genitori interiorizzati nei momenti in cui i bimbi si sono sentiti protetti e amati.
Stiamo solo facendo un esempio s’intende, l’amore può presentarsi in mille altre forme ma nel conflitto che stiamo considerando questo meraviglioso sentimento esiste solo in una parte.
Perciò ho ripetutamente parlato di “momenti”, ho sparso ovunque questa parola, per rendere l’idea della precarietà emotiva e dell’altalenanza che domina il rapporto. Come se nel cielo di questa coppia, caratterizzata dal conflitto, il sole fosse potente ma sempre assediato da grosse nuvole scure, pronte a scaricare il loro pericoloso temporale.
Infatti…
I due partner di questa coppia conflittuale, invasa da amore e odio, quando litigano tra loro scaricano una rabbia paurosa, usano spesso parole come frecce avvelenate, gesti assurdi e certamente fuori dalla loro educazione. Insomma mostrano di odiarsi con la stessa veemenza con cui avevano detto di amarsi poco tempo prima. Se si vedessero con una certa obiettività si stupirebbero, e se vedessero altri comportarsi nello stesso modo forse sarebbero molto severi nel giudizio.
Va da sé che le scariche di rabbia durano tempi molto differenti, che variano col variare del partner e soprattutto dell’energia a disposizione di entrambi.
Comunque sia. un osservatore minimamente distratto potrebbe chiedersi che cosa stanno a fare insieme quei due, visto che non sembra esistere alcuna ragione logica.jUNG E SABRINA

Infatti, la risposta a cui accompagna lo psicoanalista spesso ha bisogno di molto tempo per essere accettata fino in fondo, anche se è l’unica che dia una vera soddisfazione scientifica.
Quei due stanno insieme per distruggersi, ovvero, ognuno per distruggere la parte odiosa dell’altro quand’anche avesse una dimensione prevalente.
L’obiettivo è colpire la parte che ha causato traumi e dolori, correndo il rischio di distruggere anche la parte che ha protetto e amato. Entrambe le parti sono simbolicamente proiettate sul partner o intrappolate in se stessi.
Quando l’impulso a odiare e demolire è troppo forte e conflittuale richiede l’intervento di un altro tipo d’impulso: quello del piacere.
Così la psicoanalisi può spiegare sadismo e masochismo: il ricorso al piacere per provocare dolore a una persona esterna o interna.
In altre parole, il ricorso all’amore per essere certi che il partner sopporti il proprio odio.
In questo tragico gioco la persona esterna è, nell’immaginario di un partner, il genitore che l’ha “odiato” e traumatizzato quando non aveva capacità sufficienti per difendersi,mentre la persona interna è se stessa colpevole di avere odiato il genitore che l’accudiva e l’amava.
Colpirsi è dunque l’obiettivo inconscio, quindi negato in coscienza, di vitale importanza per ognuno dei due partner.
Si tratta di un apparente paradosso: amare per potere odiare; costruire un legame per poterne distruggere la parte proibita o insopportabile.
E Solo ricostruendo un legame tipo quello tra genitore e figlio (e viceversa) la fantasia disturbata può supporre di colpire con la forza dell’odio senza la paura di distruggere tutto.

Il crollo dell’intero legame non è previsto in questo tipo di coppia. È temuto, minacciato, immaginato, persino cercato al limite del vero. Ma possibilmente non realizzato.
Questa coppia resiste finché può e può resistere un tempo lunghissimo, persino più di una coppia positiva, perché ha bisogno del legame sicuro per agire ripetutamente la sua vendetta e la sua espiazione.
Un legame entro cui rigiocare i tragici conflitti delle due esperienza infantili deve essere assolutamente forte.
Oppure può separarsi, questo tipo di coppia, ma presto entrambi riproverebbero un’esperienza simile: un nuovo innamoramento, un nuovo legame d’amore, una nuova tempesta di rancori e di veleni nascosta più o meno bene nel giardino di un sentimento che sfiorisce incomprensibilmente mentre sembra essere ancora primavera.
E così via, finché la verità inconscia non venga analizzata e portata alla luce della coscienza.
La psicoanalisi stabilisce che questo avviene attraverso l’analisi del transfert, passaggio essenziale per la riproduzione e la conoscenza dei vissuti infantili. Questa è certamente la strada attualmente più sicura.
Di sicuro, a quel punto, quando la coscienza inizierà a vedere la verità, le variabili di comportamento saranno tante, forse quante sono le persone e i fantasmi in gioco nella psiche e nell’ambiente di ogni partner, ma qualcosa a quel punto sarà cambiato per sempre.

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