IL DRAMMA UMANO E LO PSICODRAMMA ANALITICO

Succede spesso così, che i danni si contino dopo la tempesta.

Succede che durante il tornado si sia troppo occupati a scappare o a difendere se stessi, i propri cari e i propri beni.
Ma quando il cielo torna sereno e l’aria più leggera si ha la voglia di dimenticare e si cerca la forza di ricominciare.
E’ un momento delicato in cui l’Io deve trovare la strada per restare in equilibrio e suggerire la risposta migliore.
L’Io si trova davanti a due strade contrapposte.

Da un lato cercare di negare che ancora una volta la natura ha scombussolato i progetti umani e che questo è l’eterno e irrisolto dramma.
Dall’altro proclamare che ogni ostacolo può essere superato dalla volontà, dalla forza, dalla resilienza dell’essere umano.
Si tratta di due posizioni difensive presenti in modo quasi uguale nella società, due posizioni che nascono dallo stesso ceppo, anche se spesso si sviluppano in ambiti diversi.
Il punto di partenza è il bisogno/desiderio di dominare l’ambiente, inteso proprio nel modo più completo.
L’essere umano ha sempre cercato ogni soluzione possibile per dominare la natura.
Inizialmente l’ha fatto per difendersi dai viventi più pericolosi e dalle variazioni del clima poi ci ha preso gusto. Voglio dire che col tempo ha sviluppato la curiosità di vedere come superarla.
Ha tolto la parola “limite” dal vocabolario della scienza e pare che abbia assunto come obiettivo quello di diventare Dio, lui stesso.
Obiettivamente ha fatto progressi che nessun altro essere vivente ha mai fatto ma ha dimenticato da tempo di proteggere il mondo in cui vive.
Nel passaggio tra il bisogno di proteggere se stesso e la decisione di dominare i pericoli ha sottovalutato il rischio di distruggere l’ambiente e nel tentativo di dominare anche la propria paura ha negato la potenza dell’universo.
La “negazione”, ovvero quello che da Freud in poi è stata riconosciuto come meccanismo di difesa, automatico e inconscio, è un tentativo estremo di non soccombere alla paura di essere impotenti.
Purtroppo, come ogni meccanismo di difesa anche questo è utile fino ad un certo punto, poi diventa una dannosa resistenza allo sviluppo.
Così, evitare di guardare un pericolo per paura che sia sovrastante rende impossibile una vera e consapevole azione difensiva.
Ugualmente, dire di essere super fenomeni che possono fare tutto con la volontà, rende impossibile un’azione difensiva realistica.

Entrambe queste posizioni sono frutto di una paura troppo profonda, così tanto forte da provocare reazioni estreme.

Dunque?

La soluzione migliore è conoscere, conoscere, conoscere.

Diventare sempre più consapevoli della nostra forza e della nostra debolezza, accettare il dato di fatto e fare i conti con quello.
Nessun essere umano è onnipotente, almeno fino ad oggi, ma siamo bravissimi in tanti settori quando abbiamo la possibilità di conoscerli.

Il dio che c’è in ognuno di noi, quello che Moreno voleva interpretare nel suo psicodramma, e che oggi sveliamo meglio con quello analitico, è la nostra idea di diventare come il padre e la madre che abbiamo conosciuto da piccoli: onnipotenti come loro erano per noi quando eravamo ancora implumi.
Questa è la prima conoscenza umanistica che serve per avere equilibrio da adulti.
Pretendere di essere più del padre che conoscevamo da piccoli e che possedeva nostra madre è pericolosa utopia; pretendere di essere più della madre che ci ha generato a che ha sedotto nostro padre è un dramma irrisolvibile .
Restare troppo in quei momenti può essere più di una nevrosi.
Conviene assolutamente mantenere sempre la spinta a diventare ogni giorno migliori del giorno prima, per contrastare le nostre paure e accettare di vivere serenamente secondo ciò che possiamo e siamo.

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