Sei anni, il grembiulino nero a prova d’inchiostro, gli occhi inutilmente aperti, in attesa di consensi, e davanti a me una suora che mi faceva sempre la stessa domanda: cosa farai da grande?
Io ci cadevo regolarmente e davo sempre la stessa risposta, quella che la faceva divertire.
Ho ripensato a questo in più occasioni ultimamente, mentre sento parlare con insistenza del nichilismo dei giovani.
Dunque, se per nichilismo intendiamo la pura e semplice spinta a demolire i principali valori tramandati nella società di appartenenza fino a perdersi nel nulla, mi sembra chiaro che sia più un rischio che un’evidenza.
Il rischio che quel comportamento si estenda alla maggioranza dei giovani c’è, è vero, ma dobbiamo tutti credere anche in quella parte sana che ha i mezzi e la voglia per reagire.
E dobbiamo impegnarci per aiutarla.
I filosofi si dividono su questo punto e io non scomoderò il nichilismo attivo di Nietzsche per dire da che parte sto. Anche perché il tema è psicologico prima che filosofico.
Del resto Freud, quando ha tentato di passare dalla biologia alla sua amata filosofia ha ideato la psicoanalisi.
“Che cosa farai da grande” dipende principalmente da che cosa hai fatto da piccolo.
Dipende prima di tutto dalla conoscenza e dal rispetto che l’ambiente ha avuto della tua tendenza naturale. Poi da quanto i tuoi genitori siano stati coerenti nel darti l’esempio corrispondente ai loro valori.
Teniamo sempre presente che i genitori sono solo dei figli educati da altri genitori a loro volta cresciuti in ambienti naturalmente imperfetti, nel migliore dei casi.
Quindi la nostra riflessione vuole essere davvero una critica necessaria, fatta per migliorare la società attraverso una costante evoluzione culturale e affettiva dei suoi singoli componenti.
Vedo di spiegarmi meglio.
Se una persona è stata trascurata, per qualsiasi motivo, dalla nascita in poi, è indispensabile che riesca a rendersi conto del danno che ha ricevuto in modo da potersi correggere.
Indispensabile.
A questo serve l’analisi (o la psicoterapia psicoanalitica).
Entro certi limiti infatti, quella persona può riprendersi e reagire.
Entro i limiti di un danno non grave ogni persona può migliorarsi e partecipare alla vita sociale giocando le sue carte nel miglioree dei modi.
Non è facile stabilire quali sono le linee che separano un buon equilibrio da un altro più scadente in cui magari alcune facoltà sono ottime e altre deficitarie. Non è facile poiché la psiche è dinamica, è un coacervo di istinti e di emozioni che possono uscire dal controllo della ragione in modi e tempi variabili.
Questi dovrebbero essere casi limite, ovvero al limite della psicoterapia ma oggi sono piuttosto diffusi.
Per questo dico che il nichilismo è un tema psicologico, o meglio psicodinamico. Lo è certamente prima di diventare sociale e poi filosofico.
Se il problema è riconosciuto come psicodinamico, e ovviamente interpsichico, ognuno deve riconoscersi nel soggetto responsabile di una certa parte di danno procurato.
Il ragionamento sociale, in prevalenza fatto dagli adulti, è che i giovani sono diventati indifferenti ai valori che hanno retto la nostra società per molto secoli fino ad oggi.
E’ possibile che stia succedendo ad una parte sempre più numerosa di giovani, ma vorrebbe dire che i valori trasmessi alle nuove generazioni risultano inutili o dannosi.
La voglia di distruggerli è nel DNA dell’adolescente e quando scoppia porta alle rivoluzioni, vedi quella del ’68 e altre ben più tremende rivolte e repressioni regionali.
Se la rivoluzione non fosse possibile si andrebbe verso la depressione.
A quel punto entrano in funzione i meccanismi di difesa psichica ritenuti più efficaci.
L’aggressività passiva per esempio è l’anticamera della depressione. E’ un tentativo di allontanare da sé un conflitto doloroso. Si mantiene repressa la voglia di reagire aggressivamente e si costruisce una maschera che si accordi con il mondo. Si cercherebbe di togliere importanza a quei valori che sarebbero sacri, da rispettare perché vengono dai genitori, censurando il fatto che siano contrari alla propria personalità naturale.
La depressione è un male che sta corrodendo il mondo giovanile molto più che in passato.
Significa che quel conflitto è grave e prolungato in troppe situazioni.
La tendenza dei giovani allora va verso un altro meccanismo di difesa: la negazione. Come dire: “non succede niente, lasciamo perdere”.
E siccome non si sentono comunque ascoltati non perdono nemmeno più tempo a discuterne.
I filosofi lo chiamano nichilismo?
E’ possibile. Dal punto di vista psicodinamico si difendono restituendo ai genitori quello che hanno ricevuto: indifferenza.
Come se dall’inconscio arrivasse una voce a lungo repressa, parole che rimbalzano nei comportamenti.
Tipo.
“Voi mi ascoltavate quando tentavo di farmi notare io? Quando cercavo di parlare mentre voi guardavate fissi la TV, quando tentavo di attirare la vostra attenzione e voi avevate le vostre inutili discussioni pensavate forse d’essere interessati a me?
Pensavate di darmi le giuste regole di vita quando mi mettevate in mano un videogioco o un cellulare per farmi star buono, o mi compravate giocattoli che nemmeno immaginavo di chiedervi, o quando mi mandavate in parrocchia perché ci pensassero loro a controllare i miei istinti?
Mi avete mai spiegato che cosa avrei potuto fare da grande, seguendo la mia tendenza naturale, di cui non sapete nulla, e rispettando i valori che oggi dite che non considero?
Io non lo capisco quali sono i vostri valori: Dio, Max, Patria, Famiglia, partito e Circolo Esclusivo non mi pare che vi diano così tante soddisfazioni.
Alla fine, gira e rigira, parlate sempre di soldi, soprattutto di quelli che vorreste ma non riuscite mai ad avere.
Alla fine, gira e rigira, sono più le volte che brontolate contro la società di quelle in cui esprimete la gioia di essere in questo mondo e di far qualcosa di utile.”
Così credo che pensino i giovani.
Credo che una gran parte di loro si ritiri nell’alcool o in qualunque altra sostanza che lo aiuti ad uscire dalla realtà, o a costruirsene una che assomigli il più possibile all’utero.
Nel migliore dei casi c’è chi sublima nella musica, nella tentata arte, nel ballo, in tante fantasiose attività corporee, in un mare di fantasie di mondi improbabili, in cui gli esseri umani sono tutti belli e buoni, anzi fantastici, straordinari, magici, anzi perfetti. Comunque tutti lontanissimi dalla realtà.
Qualcuno potrà obiettare che i loro nonni facevano cose molto simili, anzi anche peggiori se gli aggiungiamo tre o quattro guerre nell’arco di un secolo.
Una volta credevano quasi tutti nella promessa di raggiungere il paradiso dopo una vita di sacrifici sulla terra, adesso credono in maggioranza nel paradiso raggiungibile sulla terra.
Nel primo caso si può mantenere la speranza per tutta la vita, e questo è un bel vantaggio anche se è solo una speranza.
Nel secondo caso si cercano piaceri immediati e sempre più grandi per cui la conseguenza più probabile è la delusione. Il vantaggio è nella possibilità di reagire, ridimensionando gli obiettivi, di lottare fino alla fine e di godere ogni volta di un risultato raggiunto.
Quale strada percorrere dunque?
I ragazzi attuali, e parliamo sempre di quelli delle società più industrializzate, dovrebbero costruirne una nuova perchè il mondo è cambiato in modo straordinario in una cinquantina d’anni. Un tempo brevissimo rispetto alla capacità di adattamento del cervello.
Fin qua siamo tutti d’accordo credo, ma con quali mezzi culturali e affettivi è tutto da stabilire.
Il nichilismo dei ragazzi forse è ampliato proprio dal momento di passaggio tra queste due realtà così diverse.
Cosa sia rimasto dei valori della precedente società possiamo esaminarlo.
Dio non è più una figura unica perché i ragazzi girano, sia virtualmente che fisicamente, e conoscono altre divinità a volte molto simili anche se con nomi e obiettivi diversi. Quindi la Chiesa cristiana e cattolica, pur restando l’istituzione morale che viene dal passato ha perso parecchia forza. Mi pare che per i giovani che la frequentano sia prevalentemente due cose: la continuazione del nucleo protettivo familiare e la garanzia di un gruppo di amici conosciuti. Queste mi paiono le motivazioni, più che una scelta ragionata.
La Patria che cos’é: l’Italia di nuovo spezzettata in regioni che litigano tra di loro o l’Europa che sta cercando di nascere tra mille contrasti, oppure il mondo delle multinazionali e delle nuove vie di comunicazione. Comunque non è più quella dei padri costituenti.
Infine la famiglia. Non c’è nemmeno bisogno di parlare del concetto di famiglia attuale e della sua composizione, comunque ne tratto diffusamente in altri contesti. Il dato di fatto è che anche quelle che si presentano ufficialmente come famiglie hanno al loro interno comportamenti talmente nuovi e diversi da non potersi più riconoscere nel modello precedente.
Della passata società resta dunque poco mentre sulle frecce luccicanti delle nuove mete ci sono scritte del tipo: “successo, visibilità, potenza, soldi, bellezza, salute”.
E’ pessimismo?
Si, se mettessimo a confronto le due società partendo dal presupposto che quella passata era giusta.
No, se accettiamo l’idea che ogni generazione costruisce la propria società con i mezzi che ha a disposizione.
E’ questa idea che ci salva dal pensare che i giovani siano tutti nichilisti o che il mondo vada a rotoli.
E veniamo allora al problema da cui siamo partiti.
Cosa faranno da grandi gli attuali adolescenti e come possono aiutarli gli adulti.
Ho deciso di scriverne in una articolo a parte e chiedo scusa a chi ha letto la vecchia versione, ma c’erano davvero troppi concetti in poche righe.