Il quadro completo in psicoanalisi

Mario Schifano ha fatto più di un quadro con una caratteristica che mi entusiasma. Oltre alla consueta forza dei colori, e a quel dettaglio che ogni tanto rappresenta la sua genialità, ha usato una cornice, cosa abbastanza insolita per lui che preferiva non costringere la sua opera entro dei limiti artificiali e obiettivamente poco originali.

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La penso come lui: quasi sempre le cornici tolgono valore al quadro, mettono in evidenza il lavoro di un artigiano, magari molto bravo ma mai creativo quanto un artista del colore e dell’immagine. Sembra che imprigionino l’opera anziché esaltarla. In ogni caso il suo genio un giorno ha deciso di metterla, una cornice, e di trasmettere l’emozione che gli suscitava. Quindi che ha fatto? Ha continuato a dipingere la sua opera su quel limite. Gliel’ha messa solo per superarla, per far vedere che l’artista non ha e non deve avere barriere di comunicazione.
Forte.
Dovrebbe succedere qualcosa del genere nel percorso della cura psicoanalitica.
Il modo di procedere che ho impostato nella mia scuola prevede un quadro psico-diagnostico iniziale che normalmente non viene fatto nella prassi classica della psicoanalisi. Sia ben chiaro che riconosco valide le motivazioni che hanno spinto Sigmund Freud a spalmare la psico-diagnosi lungo tutto il percorso della cura, sicché lo stesso paziente può diventare in qualche modo psicoanalista di se stesso. Ovvero cosciente di ciò che emerge via via dal proprio inconscio.

Questo principio lo seguo io stesso, ovviamente, e ne sono entusiasta perché mi permette di partecipare, insieme al paziente, al progredire del suo cammino, con relative ricadute e resurrezioni fino alla meta.
Penso altresì che le esigenze attuali richiedano, molto più di quelle di un secolo fa, la possibilità di utilizzare strumenti psicoterapeutici differenti da caso a caso, pur rispettando la teoria psicoanalitica, secondo personalità, gravità, esigenze di tempo ed economiche.
Perciò utilizzo la psico-diagnosi anche preventiva, tipica di chi solitamente tende a curare semplicemente un sintomo senza preoccuparsi delle cause che l’hanno generato.
Ritengo infatti che la funzione del quadro iniziale, che deve aggiungersi a quella continuativa e non sostituirla, sia quella di darci una foto più precisa possibile delle caratteristiche naturali della persona e di come queste siano state rispettate dalla famiglia in poi.
Una foto che ci permetta di scegliere lo strumento e il setting psicoterapeutici migliori per ogni situazione.
La psico-diagnosi è posta entro una cornice definita il più possibile.
Sull’intero quadro poi, si distinguono tre parti: una fissa e due variabili.
La prima fissa è una parte che comprende la tendenza relazionale naturale, il bagaglio genetico e infine episodi reali vissuti nel passato (potremmo chiamarli “la cronaca del passato”): queste componenti non permettono espansioni concrete, se non con forzature dolorose da parte dell’ambiente.

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Quanto alle due parti variabili.
La prima è variegata
ed è composta da elementi che possiamo leggere in diversi modi come in un dipinto astratto: è il mondo delle emozioni nate nel passato, ma capaci d’invadere e condizionare presente e futuro.

Si è dimostrato infatti che l’inconscio, bacino di emozioni nascoste, non conosce il tempo reale ed espande la sua potente influenza lungo tutto l’arco dell’esistenza. E’ la componente più difficile da capire e da gestire. E’ quella che può confondere, che a volte trasporta la persona oltre i confini del vero e la fa vivere in una nebbia in cui i vivi e i fantasmi sembrano uguali e ugualmente pericolosi.
La seconda parte è quella che possiamo guidare noi nella realtà e con coscienza. Questo permette al quadro iniziale di evolversi, espandersi o contrarsi, vivacizzarsi ed equilibrarsi col passare del tempo.
Nel percorso della cura, l’obiettivo dello psicoanalista è che ci sia sempre un quadro definito della situazione e che esista una cornice contenitiva. Ma, come nel quadro di Schifano, la cornice che racchiude forme e colori della persona che l’ha creato, le sue esperienze passate e tutti i suoi sentimenti, non può bloccare l’espressione artistica, l’entusiasmo, la creatività e la possibilità che ognuno ha di sognare e di realizzare almeno un po’ dei propri sogni.
Questa dovrebbe essere anche la finalità  della vita, come lo è della psicoanalisi.

alfredo rapaggi

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