“VUOLE SEMPRE RAGIONE” Un aspetto narcisistico della relazione di coppia
Questa volta parto da una frase detta molto di frequente dai partner nelle sedute di psicoanalisi della coppia. E naturalmente ne parlo perché la considero una manifestazione (sintomo) caratteristica di un conflitto psichico primario.
Lo vedo in particolare quando conduco le sedute di psicoanalisi di coppia con lo psicodramma analitico.
A volte mi è possibile condurle rispettando la forma psicodrammatica classica e a volte no, mi devo servire principalmente del colloquio psicoanalitico. In questo caso ne rispetto soprattutto la sostanza, cioè la forza della scena, ma noto che il risultato è simile: le persone sono portate comunque sul palcoscenico della loro vita quotidiana e mostrano in pratica il loro modo di comunicare.
E’ su questa scena, un po’ vera e un po’ immaginata, che possono essere riprodotte le modalità di atteggiamento e di comportamento. E’ da queste, per conseguenza, che si possono conoscere più chiaramente gli schemi di pensiero, per risalire ai sentimenti e alle emozioni che nasconde l’inconscio.
Torniamo dunque alla frase “vuole sempre ragione”. E’ probabile che sia detta in senso difensivo ed è quasi certo che sia pronunciata da entrambi i partner in occasioni diverse ma noi, per ora, la esaminiamo come se fosse obiettivamente vera e cerchiamo di capire quello che succede nella psiche di chi vuole sempre avere ragione.
Una considerazione più superficiale, parte da tre presupposti elementari:
°primo, chi vuole una cosa è perché quella cosa non la possiede;
°° secondo, se la vuole sempre è perché la ritiene indispensabile all’intera sua vita;
°°° terzo, se la vuole prendere ad un altro è perché cerca la sfida.
Dunque chi vuole sempre avere ragione si sente altrettanto spesso in torto, percepisce come intollerabile questa condizione e sfida chi vede come ostacolo.
Lo fa inconsciamente, ovvio, perché se ne fosse cosciente non pretenderebbe qualcosa che l’altro continua a volergli o dovergli negare, ma cercherebbe di avere quel qualcosa percorrendo strade che si sono dimostrate più efficaci. Per esempio quelle seduttive e amorose in una coppia, le stesse che hanno portato i due ad innamorarsi e ad unirsi; oppure quelle dell’empatia e della valorizzazione, tipiche di chi sa condurre un dialogo tra persone positive, in qualunque contesto sociale.
Un’osservazione un po’ più attenta, più psicologica, mostra che il contenuto della disputa è spesso di scarsa importanza: le persone vogliono ragione riguardo temi che non meriterebbero alcuna attenzione in un confronto serio, ma che hanno il pregio di non provocare il rischio di fratture affettive. Temi che con una persona diversa dal partner sarebbero risolti in pochi secondi, col partner possono diventare motivo di scontri anche durissimi.
Si può dire che spesso la disputa diventa tanto più accesa quanto meno importate è il contenuto. Litigare perché la pasta è scotta o perché c’è un calzino in mezzo alla stanza permette una buona scarica aggressiva ma anche una facile riconciliazione.
Questa modalità è spesso cosciente, almeno in parte e con persone ragionevoli, con persone capaci di fare “metacomunicazione”, cioè di parlare del proprio modo di comunicare con l’altro.
Ci sono poi tipi di considerazione che ci portano più nelle profondità della psiche, verso l’inizio della vita di una persona, nel periodo in cui si sono formati i modelli di comportamento che hanno gettato le basi della personalità acquisita.
Un esserino che inizia a crescere in un ambiente normalmente protettivo, rispettoso, nutritivo e amorevole si sviluppa in modo equilibrato e alla stessa maniera condurrà la sua esistenza, cercando le persone e le situazioni di maggiore soddisfazione.
Quando invece l’ambiente familiare manca in modo marcato di quelle caratteristiche la personalità compie una serie di distorsioni per mantenere un equilibrio possibile, ma quasi mai ci riesce.
Le conseguenze sono di varia qualità ed entità a seconda del carattere di base della persona e dello squilibrio dell’ambiente.
Oggi consideriamo quel tipo di distorsione psichica e caratteriale provocata dalla scarsità, o addirittura mancanza, di riconoscimento psicologico personale. E’ una delle situazioni più dolorose non sentirsi riconosciuti nel proprio valore, o persino nel proprio essere, dalla mamma e dal papà.
La persona cresce bene se l’ambiente affettivo sottolinea gli aspetti più positivi del suo comportamento, le insegna a superare gli ostacoli e la incita con affetto a proseguire verso gli obiettivi di maggiore soddisfazione. In altre parole, se la indirizza verso un atteggiamento empatico, obiettivo e di accoglienza, nelle relazioni.
Viceversa, in assenza di questo tipo di sostegno psico-affettivo, la personalità si arriccia su se stessa, esclude in pratica di poter dare amore ad altri, quell’amore che d’altronde non ha ricevuto, e inizia ad apprezzare prevalentemente o esclusivamente la propria immagine. Tre se stesso e l’ambiente sceglie, in modo difensivo e automatico, se stesso.
Sembra un paradosso ma è solo una compensazione: chi si sente una nullità è spinto ad avere un’immagine di sé esageratamente alta e non accetta che quell’immagine venga criticata.
Questa persona non sa amare perché l’amore è uno scambio non una relazione tra sé e sé. E poi l’amore non gli è stato dato. Non l’ha proprio conosciuto.
La venerazione che dà a se stessa non è amore. È paura di perdersi. Forse anche per questo è convinta di dare tanto e di ricevere solo rifiuti, come se l’ingiustizia infantile d’essere ignorata rappresentasse il solo legame duraturo.
La sua pretesa di essere adorata le impedisce di vedere l’amore che le viene offerto e richiesto.
Ma non se ne accorge.
Anzi accusa spesso chi le sta vicino di non darle quello che lei si aspetta. L’ambiente che l’ha ignorata all’inizio della vita ha avuto torto, e su questo siamo tutti d’accordo, ma in seguito non concederà più la possibilità di avere ragione a nessun ambiente e a nessuna persona. Anche e soprattutto non lo concederà al partner e ad ogni altra persona che gli sta vicino e gli dimostra affetto, perché quella più di ogni altra può rappresentare i genitori.
Nella sua paura di rivivere il passato questa persona mette come prima necessità quella di salvare il suo bunker difensivo e tenere lontane le persone che possono aprirlo con sentimenti a lei sconosciuti.
L’amore per lei è pericoloso più dell’odio, è un ponte che porta alla relazione aperta e spontanea. Il suo bisogno è di controllo, non può accettare una relazione libera, o peggio dominata da altri, visto quello che le è successo nella prima infanzia.
Se allora non avesse avuto bisogno d’amore non sarebbe stata colpita dall’indifferenza e non avrebbe subito il dolore di chi sente di non esistere per mamma e papà. L’amore quindi è impossibile, è un sentimento pericoloso per questo tipo di personalità.
Purtroppo la sua decisione, inizialmente inconscia, è quella di non fidarsi più degli altri.
Volere avere ragione è un atteggiamento che la rassicura, che la illude di riuscire a mantenere a tutti i costi il controllo, anzi il comando dell’ambiente e del proprio assetto difensivo.
Anche quando è patologico.
Questo schema vale ovviamente sia per i maschi che per le femmine, i quali s’incontrano per motivi che ho avuto già modo di spiegare e di cui riscriverò presto.