“Io non ho mai provato un orgasmo con un uomo, cioè provocato da un uomo, né vaginale né clitorideo. E questo per me è un problema serio”.
Riprendo la frase di una giovane donna, con un’età che oggi viene messa ancora nella tarda adolescenza. La sua formazione è stata molto religiosa, con un’impronta di marcata censura sessuale. Ovviamente è solo uno dei tanti esempi che ho in archivio, e se l’ho scelto è solo per la sua sintetica chiarezza. A parte il termine “orgasmo vaginale” di cui scrivo alla fine dell’articolo, per ora scelgo di non spaziare in tutta la sua vita e di concentrare l’attenzione intorno al problema/sintomo che mi porta.
Premesso che non penso di riuscire ad essere obiettivo, non avendo io il corpo e la psiche di una donna, ho chiesto ad una brava collega d’inserire in questo articolo il suo discreto punto di vista.
Ci siamo trovati d’accordo sull’importanza di guardare innanzitutto l’aspetto biologico, quello maschile e quello femminile.
In condizioni normali. la sessualità maschile è grezza. Il maschio deve solo gettare “là” il suo sperma e questo avviene semplicemente con la spinta dell’orgasmo, che corrisponde al massimo del piacere. Il resto è compito della donna.
Le femministe che dicevano “l’utero è mio e me lo gestisco io” dicevano una cosa essenziale, anche se drastica, e anche se nel tempo hanno modificato un po’ l’atteggiamento, quella frase resta storica.
Lo dicevano con motivazioni da me poco condivise, ma solo nei modi e nei tempi. I modi contenevano la rabbia di ogni rivoluzione, quella di chi si ribella a situazioni ingiuste ma ingigantite. Era una rabbia incancrenita da secoli di accettazione imposta, d’ingiustizie che le loro mamme e le loro nonne avevano subito e che ora altri uomini trovavano normale reiterare. Il tempo, secondo me, era quello più favorevole ad un cambiamento, anche se non ancora al dialogo, ma questo l’abbiamo capito dopo, maschi e femmine. Intanto però la generalizzazione travolgeva tutti. La generalizzazione coinvolge sempre sia quelli che hanno provocato ed esasperato le situazioni ingiuste, in quel caso i maschi prepotenti ed egoisti, sia quelli che hanno sempre cercato di comportarsi correttamente. A me però, teoria a parte, non andava di prendermi tutta quell’aggressività, visto che mi collocavo tra i maschi pronti al dialogo (non all’inversione di ruolo, ovvio).
In ogni caso, la sostanza della protesta femminista, era chiara. E cioè: una volta che l’uomo ha lanciato il suo seme, tocca poi alla donna “decidere” se trasformarlo in figlio, oppure lasciarlo perdere. E detta così è ancora troppo semplice.
Si tratta di una decisione non sempre razionale ma che sposta l’attenzione dall’orgasmo al piacere.
Il piacere della donna, così come mi è stato descritto da migliaia e migliaia di momenti di confidenza che ho raccolto nelle situazioni più adatte, risulta molto più vasto e complicato di quello dell’uomo. Se l’orgasmo maschile è funzionale solamente all’eiaculazione, quello femminile comprende il piacere spontaneo, possiamo dire biologico, di fare di quell’uomo il padre dei propri figli. Un piacere disegnato dalla natura, come rinforzo alla conservazione della specie, ma privo dell’essenzialità dell’eiaculazione maschile. Si tratta di un piacere che ha bisogno di vivere come bello l’intero corpo del maschio ma non solo quello. Anche la sua intelligenza, la sua personalità, la previsione che sarà protettivo verso la nuova famiglia. Il piacere della donna è vasto quanto l’area fisica dei due corpi che fanno l’amore ma si estende anche sulle ali delle previsioni fantasmatiche della loro intera vita: un’area gigantesca.
Il mio ragionamento non comprende l’uso libero che l’essere umano può fare della propria sessualità, ovviamente sempre nel rispetto di quella dell’altro. E’ solo la descrizione del quadro di partenza e sottolineo che non intendo dare giudizi in questo senso.
Ora, detto dell’aspetto biologico e sociale, quello psicologico-regressivo è decisamente più complesso nel maschio che nella femmina, a causa della mancanza di separazione dell’oggetto d’amore nella fase orale e in quella fallica. Credo di averne trattato diverse altre volte anche in questo spazio.
Giusto come pro-memoria, però, ricordo che il maschio vive la mamma come obiettivo indispensabile al suo nutrimento durante la fase orale. In seguito, senza soluzione di continuità, vive la stessa mamma come obiettivo indispensabile alla riuscita della sua esperienza sessuale infantile. Non si tratta di un passaggio semplice, proprio perché la persona “oggetto” di attrazione è la stessa. Solo la sua funzione è diversa, ma il profumo, il tatto, la voce, i lineamenti e i modi sono gli stessi. In un esserino di appena due anni circa la confusione potrebbe essere grande. Il passaggio poi si complica ancora di più, quando la mamma non aiuta il bambino a separarsi da questa fase per entrare nella successiva, ma anzi cerca di prenderne possesso e tenerlo per sé, in modo positivo o negativo, e anche senza intenzioni coscienti.
La femmina viceversa, dopo aver vissuto la mamma come oggetto di nutrimento e protezione durante la fase orale, cambia il suo obiettivo nella fase fallica e rivolge le sue attenzioni, e seduzioni. al papà (o babbo).
Naturalmente, anche in questo caso è importante che la mamma faciliti il passaggio da se stessa al maschio di casa.
Seguendo ovviamente le tendenze naturali di ogni persona.
Ma tornando al nostro caso, esaminiamo il possibile utilizzo della sessualità come veicolo sia di seduzione che di ribellione.
Infatti, se una ragazza dice di non ottenere l’orgasmo con un uomo, dice tre cose: primo, che conosce l’orgasmo, e che sa perfettamente come ottenerlo da sola; secondo, che potrebbe ottenerlo con una donna, anche se in questo caso non ha mai provato; terzo, che il suo problema non è con il pene in particolare, ma con l’uomo nella sua globalità.
A questo punto la frase più spontanea e superficiale che verrebbe da dire è: “ma tu hai mai insegnato ad un ragazzo come deve fare per farti avere l’orgasmo, almeno quello che chiami clitorideo, visto che lo conosci?”
Ho sentito ragazze rispondermi che gli uomini sono poco inclini ad imparare, che sono troppo egoisti, che quando sono eccitati non capiscono più niente. Ma è chiaro che nessuna spiegazione può essere recepita se la persona a cui è diretta si trova in preda ad un’emozione forte. E’ così anche se una persona è arrabbiata o se è molto ansiosa. Si tratta di aspettare che sia avvenuta la scarica, tanto quanto serve per riportare luce nel suo cervello.
Ad un livello meno superficiale invece c’è da riflettere sull’obiettivo secondario (inconscio) che ha una sessualità senza orgasmo, fatta con un uomo.
Potrebbe essere la conferma, regressiva, che l’uomo è proprio inutile nella sessualità. Conferma che ho chiamato regressiva perché non solo è lontana dalla realtà (si può dire che l’uomo, come la donna, piace o non piace ma non che sia inutile), ma perché la pongo nella fase di formazione della personalità e capisco che può essere diretta solo alla mamma. Servirebbe alla bimba piccola per mantenersi nell’orbita materna, ed evitare di passare a quella del rapporto col papà. Se l’uomo è inutile vale la pena stare con la donna. E la crescita psico affettiva si ferma lì.
Aggiungo che una simile situazione è più frequente se nelle famiglie d’origine il potere della madre è decisamente superiore a quello del padre, che addirittura potrebbe non esistere o essere fisicamente assente. Ma questo è un altro argomento che merita una trattazione specifica.
Ora mi chiedo che tipo di rapporti può avere questa persona, in fase anagraficamente adulta.
Se li ha di tipo omosessuale, data quella prima esperienza affettiva non sarà certamente serena, perché starà con la donna nella condizione psicologica di prigioniera. La protezione che cercava da bambina era assolutamente logica, la stessa però, trasportata nella donna ne fa un’infelice, strattonata tra il desiderio di essere libera, come un’adulta vuole essere, e la paura di allontanarsi dalla sua protettrice (in quel caso sostitutiva).
Se li ha di tipo eterosessuale, è facile che scelga un pene ma non un uomo. Il pene è ovvio: glielo dice l’istinto, glielo dicono le amiche, glielo conferma la cultura generale in cui è vissuta. Invece l’uomo è uno sconosciuto, anzi un elemento proibito, secondo Freud e successori: una proprietà della madre.
Ma il pene, come detto all’inizio, non è sufficiente a soddisfare la donna, è una parte e non il tutto.
Tra parentesi, studi seri abbastanza recenti, tra cui uno pubblicato su ISRN Obstetrics and Gynecology nel 2011, dal sessuologo dr. Puppo, raccomandano di non distinguere tra orgasmo vaginale e orgasmo clitorideo perché quello solo vaginale non esiste. Secondo questo, come altri studi simili, quell’orgasmo andrebbe chiamato semplicemente orgasmo femminile, e andrebbe attribuito alle sole parti erettili degli organi genitali della donna.
Chiusa l’importante parentesi, che maschio sceglierà, se sceglierà un maschio, la bimba di cui parlavamo prima, una volta anagraficamente cresciuta?
Beh, un “bimbo” ovviamente.
Uno di pari o inferiore età psico affettiva. Per vari motivi.
Intanto perché il bimbo non occupa legalmente il letto matrimoniale con la mamma, quindi lei non può pretenderne la proprietà sessuale. Poi perché magari ha avuto modo, da piccola, di contattarlo di più, a scuola o in altri contesti ludici, se non in casa. Poi perché, imitando la mamma, ritiene che lo controllerà e dominerà per il resto dei loro giorni. Infine, perché con lui può mantenere libero il posto più importante nel suo cuore, per quel padre che la sua fantasia spera sempre di raggiungere, un giorno.
Un bimbo anagraficamente adulto, di cui si esaltano la giocosità, la tenerezza, quella certa ingenuità infantile e la capacità di sognare in grande. Salvo accorgersi più tardi dell’egocentrismo, dell’instabilità, dell’incapacità di prendersi responsabilità, della tendenza ad esasperare i fenomeni di dipendenza (droga, alcool, gioco…).
E salvo ripetere sconsolate che “non ci sono veri uomini in giro”. Eh già, solo che “in giro” ci sono gli uomini e le donne che sappiamo trovare, quelli e quelle che ci consentono i mezzi psico affettivi che abbiamo avuto da piccoli e mantenuto da grandi.
Magari possiamo cercare mezzi più efficaci, quello sì, oppure possiamo ricorrere all’esperto, allo psicoanalista per esempio, che ci aiuti ad aggiustare i mezzi che il tempo e la famiglia ci hanno dolorosamente distorto.