IL HARAKIRI DEGLI PSICOLOGI


Per comprendere meglio il senso di questo scritto partiamo dall’articolo 3 della legge Ossicini 56/1989, che dà vita all’attività psicoterapeutica.

  1. L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all’articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica.
  2. Agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica.
  3. Previo consenso del paziente, lo psicoterapeuta e il medico curante sono tenuti alla reciproca informazione.”

Sembrerebbe chiarissimo, e lo è per qualunque persona che sia in buona fede, e che non sia un giurista.
Infatti il senatore Ossicini era un medico, laico, specializzato in psichiatria. Non era un fine e attento giurista.
Quello che conosceva di certo era il campo della malattia e della sofferenza mentale. Sapeva bene, da psichiatra, che lo psicofarmaco non copre l’intero arco delle possibilità che ha la psiche di riacquistare in tutto o in parte l’equilibrio perduto.
Sapeva che per fare una diagnosi psicologica degna di questo nome serve l’utilizzo di strumenti come i test proiettivi standardizzati.
Sapeva che la parola, in quanto espressione del pensiero, ha un’importanza notevole per un essere umano e che non può essere sostituita senza danni.
Sapeva dell’esistenza di una forza inconscia che agisce sulla psiche e sul corpo provocando sintomi realmente dolorosi, incurabili con i soli farmaci.
Sapeva che bisognava preparare una specifica categoria di persone che usasse strumenti diversi dai farmaci, a fini terapeutici, e che col tempo portasse ricerche valide sul proprio lavoro.
Sapeva infine che questa categoria di persone era già in gestazione spontanea, diffusa tra tutti quelli che avevano compiti pedagogici, ideologici o religiosi, ma anche tra i cartomanti, gli astrologi, i maghi e i manipolatori d’ogni tipo.
Era urgente dare loro una preparazione più precisa e soprattutto più controllabile, tanto scientificamente quanto fiscalmente.
E’ nata così la legge Ossicini.
E’ nata dopo la famosa rivoluzione psichiatrica che aveva portato alla ridefinizione della psichiatria stessa e alla chiusura di quelli che allora si chiamavano manicomi.
Per tutto ciò ho scritto che l’articolo 3 è chiarissimo se letto alla luce dei motivi per cui è stato scritto e della persona che l’ha proposto.
Ma poi ci si sono messi i giuristi, spinti da quelli che volevano comunque esercitare la professione di psicoterapeuta senza sottostare alle norme relative. Hanno iniziato quelli che già operavano nelle istituzioni con compiti simili a quelli di uno psicologo e quelli che potevano dimostrare, anche con pubblicazioni, di farlo privatamente.
Bene, per tutti costoro e per tanti di più, è stata istituita una legge ponte con iscrizione, con o senza esame di stato, al nuovo albo degli psicologi. Non è bastato, ma adesso non mi dilungo a fare l’elenco delle polemiche che si sono moltiplicate in quel periodo di passaggio.
Ognuno ha badato al proprio orticello, come si può immaginare. E si pensava che fosse finita lì.
Ma no, perché proprio gli psicologi hanno rimosso dalla loro coscienza l’informazione su uno specifico meccanismo di difesa/resistenza: il masochismo.
Un fenomeno autodistruttivo che si cela sotto la maschera del piacere personale.
I giuristi interpellati hanno fatto notare che quell’articolo parlava di “attività psicoterapeutica” e non della figura giuridica dello psicoterapeuta. Hanno pescato con facilità nell’ingenuo pressapochismo di quella legge per incoraggiare i loro clienti, una serie di persone non laureate in medicina o psicologia, a fare comunque gli psicoanalisti.
A questo punto gli psicologi avrebbero dovuto reagire in due modi: prima di tutto migliorare se stessi e la loro competenza; secondo, chiedere di rendere più precisa la legge.
Invece è successo l’incredibile: un vero e proprio harakiri.
La figura giuridica dello psicoterapeuta avrebbe portato all’istituzione dell’albo degli psicoterapeuti, come sarebbe stato giusto per dare all’utente la chiarezza necessaria.
Qualcuno di noi aveva cercato di superare i contrasti chiedendo già alla fine degli anni ’70, la laurea specifica in psicoterapia, almeno parzialmente staccata da quella in psicologia.
Ma la legge non lo prevedeva e soprattutto i medici non la volevano.
Risultato: nell’albo degli psicologi sono confluiti tutti, specializzati e non, senza distinzione. Con buona pace dell’utenza che continua a chiedere chiarezza.
Oggi siamo al paradosso che ci sono psicologi orgogliosi della loro mancata specializzazione, ma non perché vogliono occuparsi di psicologia attiva (sport, aziende, scuole eccetera). No, no, magari, vogliono invece dimostrare che sono uguali a quelli specializzati in psicoterapia, senza avere lo stesso diploma.
Non si accorgono che potrebbero fare lo stesso ragionamento i non laureati in psicologia.
“Gli psicologi non psicoterapeuti” come molti di loro amano chiamarsi, si vantano del loro incompreso masochismo.
Hanno cercato di rovinare la figura dello psicoterapeuta pur di evitare quattro anni di specializzazione. Non volendo migliorare se stessi hanno preferito peggiorare l’intera categoria.
Non avendo loro gli attributi per andare verso un livello professionale più alto hanno cercato di portare i colleghi, tutti, ad un livello più basso.
Hanno seguito la famosa legge dell’altezza che dice “se vuoi sembrare alto fatti accompagnare da uno più basso di te”.
Il loro potere sta nell’albo stesso, dove pare che riescano a dettare legge per merito del loro rumoroso attivismo. Del resto si sa bene che la forza di avere è più facilmente in mano di chi non ha.
Gli psicologi non psicoterapeuti vogliono esercitare la psicoterapia senza fare il corso quadriennale di specializzazione e senza conquistarsi il relativo diploma.
Intanto sono quasi riusciti a diffondere il termine “psicologo” (più breve) come sinonimo di psicoterapeuta, lasciando all’utente il compito d’informarsi per bene prima di prendere un abbaglio.
Come accennato prima, non vedo perché non dovrebbero pretendere di esercitare la professione di psicologi anche tutti quelli che in qualche modo consigliano, aiutano, inducono, eccetera, senza bisogno di una laurea specifica.
In fondo se una scuola di specializzazione, che si regge sulla conoscenza e la pratica specifica di professionisti esperti, viene ritenuta inutile perché mai dovrebbe essere ritenuta utile la laurea, basata solo sulla teoria?
E’ vero che vorrebbe dire tornare indietro di una quarantina d’anni ma sarebbe più equo.
A me andrebbe anche meglio, visto che ho fatto lo psicologo da laureato prima dell’entrata in vigore della legge sull’albo e che mi sono trovato benissimo.

Che poi, se non si fossero opposti i medici e non fosse intervenuto Ossicini saremmo ancora in quella situazione.
Mi ero solo illuso di lavorare con colleghi che aspiravano a confrontarsi per arricchire il loro sapere e la loro esperienza. Con la solita piccola percentuale di ignoranti presente in qualunque attività.
Invece pare che le percentuali si stiano capovolgendo. E questo davvero mi dispiace.
Temo che gran parte dell’utenza segua l’onda semplicistica, attirata dal rumore che fanno i non psicoterapeuti, da parcelle spesso più basse o dalla maggiore facilità che c’è nel trovare uno psicologo qualunque, piuttosto che investire tempo per trovare il tipo di specializzato più adatto al proprio caso.
Queste persone devono sapere che ci sono anche psicologi che hanno fatto quattro anni in più di studio e si sono specializzati in psicoterapia, che spesso si sono impegnati in un’analisi personale, che spesso hanno fatto e continuano a fare vari anni di supervisione per essere più preparati.

Professionisti che meritano di essere considerati più di un semplice psicologo.
Purtroppo hanno un difetto: sono generalmente più silenziosi perché pensano a studiare e lavorare. Alla maggior parte di loro, purtroppo, resta poco tempo per rumoreggiare e chiedere una legge più chiara. Questo è una grave lacuna e mi dispiace.
Allora devono pensarci i cittadini a chiedere chiarezza per se stessi, devono pensarci i media a fare da cassa di risonanza, i politici a farsi delle domande anche riguardo questa delicata categoria di persone che comprende diversi professionisti e moltissimi utenti.

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