La signora che ho davanti sembra arrabbiatissima, perché il dirigente scolastico non prende provvedimenti seri contro i bulli della classe di suo figlio.
Non tocca a me darle ragione o torto, intimamente sono arrabbiato quanto lei, ma la mia rabbia l’ho analizzata da tempo e so a che cosa si riferisce. Ora devo aiutare lei a capire che quel tipo di rabbia è complessa, nasconde un conflitto profondo: è impotenza.
Dunque facciamo una divisione di concetti: da un lato la realtà, ciò che avviene al momento, dall’altro l’emozione legata a ciò che è avvenuto nel passato.
Devo ricordare sempre che noi siamo la somma dei nostri vissuti passati, posti sulla base di una tendenza naturale precisa.
Il dato di realtà è che un dirigente scolastico che non difende i suoi allievi più deboli dalla vigliaccheria dei bulli, è indegno di quel ruolo: va rimosso.
La cosa migliore sarebbe mandarlo a fare corsi di formazione specifici per quattro anni (con psicoanalisi personale) e poi verificare se è diventato degno di tornare al suo ruolo.
Utopia? Credo di si, però questa sarebbe a strada giusta.
Comunque, non voglio e non posso dare suggerimenti pratici, li lascio alla capacità di quella mamma, degli altri genitori migliori e magari di qualche insegnante più sensibile.
Torno al problema di quel tipo di rabbia.
Mi dice, la signora, che se potesse andrebbe da ogni singolo bullo e lo prenderebbe a schiaffi, ma non può, ammette, perché non sono figli suoi.
Aggiunge che le sarebbe piaciuto fermare i genitori di quei bulli ma che godono fama di essere anche peggiori dei figli.
Dunque si sente impotente e si arrabbia con la persona che avrebbe il compito di far rispettare le regole, la disciplina nella scuola.
“Purtroppo quel dirigente è una mozzarella” conclude “ci vorrebbe un uomo forte, che non avesse paura dei genitori e tanto meno di dare quattro calci nel culo a quei prepotenti”
“ Ci vorrebbe un uomo forte” è l’espressione che incomincio a sentire sempre più spesso e devo dire che non mi piace proprio per niente perché sa d’imbroglio. E’ uno slogan che s’insinua troppo facilmente tra le menti delle persone in difficoltà.
Le persone in difficoltà, economiche o sociali o affettive, sono più confuse e più facilmente preda dei manipolatori.
Per esempio, per quella signora “uomo forte” sarebbe uno più prepotente dei bulli: un grandissimo bullo, insomma.
Allora immaginiamo la storia.
Il grandissimo bullo piazza i famosi quattro calci ai bulletti. I bullo-genitori lo vengono a sapere e lavano l’affronto piazzando a loro volta otto calci nel lato b del dirigente. Il provveditorato interviene e manda due ispettori super bulli che piazzano eccetera e allora un numero più alto di genitori bulli a loro volta eccetera eccetera.
La gente insorge e vuole l’intervento dell’uomo forte, ma proprio forte, quello che li mette tutti a tacere, con le buone o con le cattive, e stop.
Dove vogliamo arrivare?
Ma soprattutto, perché?
La signora che ho davanti viene da una famiglia di quattro persone: madre, padre, due figlie di cui lei è la più grande di tre anni.
Il padre, sottufficiale di carriera, è descritto come taciturno e spesso violento. La madre, sottomessa a lui, adora la figlia piccola, che tiene come la sua bambolina, ed è fredda e impositiva con la più grande.
La più grande è ambivalente con la sorellina: la svaluta in tutti i modi ma qualche volta la protegge se la madre esagera con le sue censure.
La figlia più grande è in conflitto con entrambi i genitori, ma dovendo scegliere preferisce il padre. Di lui ricorda che era tremendo quando si arrabbiava e molto pesante nella sua cupezza, ma qualche rara volta sapeva anche essere dolce con lei, e solo con lei, perché in fondo lei era la sua preferita.
Ecco, il conflitto tra due sentimenti viene risolto dalla differenza di genere: nel femminile, l’attrazione per il maschile soffoca e trasforma l’avversione per il violento.
Il maschile violento diventa “l’uomo forte” perché un sentimento si mescola e si confonde con l’altro.
E’ una distorsione che permette al soggetto di mantenere il legame affettivo con una persona che, male o bene, ha contribuito a farla crescere. Il tempo poi rimuove il peggio e aiuta a mantenere in prevalenza i ricordi più belli o più neutri.
La complicazione torna e si sposta sul livello sociale, quando la vita si fa più difficile del solito.
Riemerge l’insicurezza, esplode l’impotenza di chi è nel ruolo di cittadino non protagonista, ma si vuole trovare un compromesso tra la rabbia e la necessità di vivere in pace.
Ed ecco allora la decisione di demandare a qualcun altro il compito di agire senza titubanze.
Insomma, gli impotenti chiedono che la loro rabbia venga gestita dal prepotente.
Salvo finire per ucciderlo, ma questo arriva dopo la delusione.
Si confonde l’uomo forte con il bullo.
Ricordo che per i bambini gli adulti sono giganti, super potenti nella loro capacità di proteggere, e super spaventosi in qualunque gesto punitivo.
Dunque, nella nebbia delle difficoltà insormontabili, la bimba, diventata adulta ma solo per l’età, spera nella protezione del suo antico super papi. Di lui in fondo non ricorda più quelle tante violenze, quelle tante urla, quelle tante litigate con la mamma, che le spaventavano tanto da farle correrere in camera, ricorda invece le volte che è stato dolce e in nome di quelle accetta e cerca tutto il resto.
Così è, cara signora, l’uomo forte che lei cerca non lo troverà in un prepotente o in un super bullo, ma in un saggio.
Il saggio le consiglierà di fornire a sua figlia gli strumenti mentali e fisici di difesa personale, di darle il buon esempio e di ricordarle sempre la differenza tra potenza e prepotenza, tra forza e violenza.
Ecco, ho scritto del femminile, ben sapendo che il problema riguarda anche le componenti maschili. Anzi forse soprattutto quelle.
Ma le motivazioni sono diverse, quindi la prossima volta scriverò del fascino che può avere l’uomo spaventato e violento, con la sua maschera di uomo forte, sul carattere maschile.