Spero che qualche lettore si chieda se sono impazzito: me lo sono chiesto anch’io, ma voglio dedicare un pensiero di ringraziamento ad un certo numero di persone.
Non avrei mai scritto un titolo del genere fino a poco tempo fa.
Forse ero più ottimista quando cercavo di studiare la notte perché di giorno dovevo lavorare.
Avevo la sensazione che le persone cercassero sempre di migliorarsi, di riempire i vuoti lasciati dalla loro formazione in famiglia o dalle condizioni economiche dei genitori.
Mi avevano fatto entusiasmare i ragazzi e le ragazze che venivano da zone depresse e volevano emergere qua, nella grassa Bologna.
Avevano una forza d’animo invidiabile, l’orgoglio di dimostrare che potevano far come, e meglio, dei migliori bolognesi.
Bravi.
Anche quando non hanno avuto la fortuna che avevano cercato, anche quando hanno pagato un prezzo personale troppo alto ai traguardi che si erano posti.
Bravi.
Naturalmente ci sono stati anche quelli che venivano dalle stesse zone e si portavano dietro una caterva di difetti difficilmente eliminabili nel corso di una generazione.
Ma sono stati una minoranza, secondo me.
La differenza che voglio far notare sta nella diversa voglia di migliorare che vedevo allora rispetto ad oggi.
In questo momento sto “vedendo”, una ad una, le centinaia di persone che hanno frequentato i gruppi “Mosaico”, la Scuola, le sessioni individuali, i corsi le serate a tema.
E sto “vedendo”, sempre con la fantasia, i cambiamenti che hanno fatto pur rimanendo con il loro carattere di base.
Bene, queste tante e belle persone hanno lottato per il diritto alla conoscenza e allo studio.
Il diritto allo studio è stata la battaglia studentesca del ’68.
Non voglio entrare nelle speculazioni politiche di parte, perché forse la storia non potrà mai essere neutrale sull’argomento, come non la è sull’altro fronte: quello della lotta fratricida post bellica.
Voglio ricordare, da testimone attivo di quegli anni, che gli studenti avevano una rabbia in corpo unica, nel reclamare il diritto allo studio per tutti: ricchi e poveri, polentoni e terroni, maschi e femmine e omosessuali.
Il diritto di studiare, di nutrire la mente dopo aver nutrito il corpo, è una caratteristica peculiare dell’essere umano, è il segno che ci distingue dagli animali.
E qui mi fermo, prima che qualcuno dica che gli animali sono migliori degli uomini.
Mi fermo perché non voglio arrivare a dire che il diritto più diffuso oggi sembra quello che porta alla regressione culturale: il diritto all’ignoranza, appunto.
E non vorrei essere frainteso. Il mondo è come tutti noi, intesi come insieme non come singoli, vogliamo che sia.
Dunque va sempre bene.
Ma una persona che non ama studiare a tutto tondo è inconsapevole della sua ignoranza.
E se fosse solo questo il punto sarebbe ancora rimediabile.
Il punto è che questo tipo di persona difende l’ignoranza, la pratica e la diffonde come una religione.
E’ evidente che lo fa per non sentirsi sola e in difficoltà, ma normalmente non ne è consapevole.
Io non ce l’ho con questa persona, proprio perché capisco che non sa in che stato si trova.
Ammiro chi si guarda attorno e fa i paragoni che servono per passare tra chi ha la conoscenza, tuttavia non mi arrabbio con chi non ci riesce o addirittura non ci prova proprio.
Io sono arrabbiato con chi è cosciente della differenza tra conoscenza e ignoranza e sfrutta la situazione per avere più potere e/o più soldi.
Questo è un modo di agire che non esito a definire criminoso per le conseguenze tremende che può provocare.
A qualcuno sembro esagerato?
Ragioniamoci.
Una persona non fa la differenza, non sposta gli equilibri della nazione o del mondo, ma un gruppo sì.
Un gruppo numeroso quanto una popolazione, sì che fa la differenza.
Ne abbiamo avuto ampie dimostrazioni, anche se abbiamo tutti l’abilità inconscia di rimuovere, di negare, di spostare l’attenzione su fatti più piacevoli.
Ma una popolazione tenuta nell’ignoranza è una bomba pronta ad esplodere.
E’ manovrabile a piacimento. Lo era ieri quando non c’era internet, lo è oggi con i social.
La è stata quando i poteri hanno deciso le guerre col sangue, così come quando decidono le guerre economiche.
Per questo oggi l’ignoranza è coltivata volutamente come fosse un diritto.
L’ignoranza permette di spostare grandi gruppi di persone da un’idea all’altra, con vergognosa facilità.
Non so dire se oggi lo sia di più o di meno.
E non so nemmeno se oggi sono più arrabbiato di quando avevo l’età per pensare che avremmo cambiato il mondo.
So che contesto questo pseudo e pericoloso diritto.
So che vorrei rivedere le persone che lottano per il diritto alla conoscenza, dopo aver conquistato il diritto a nutrirsi.
Di qualunque parte del mondo siano e a qualunque stato, idea e genere appartengano.