Attaccamento e Amore

Amore è una parola che suscita di solito emozioni belle, che dovrebbe sempre essere emozionante. Anche se, a dire il vero è usata in tantissimi casi, con significati a volte molto differenti.

Ecco, se dico amore ad una persona ho voglia di colorare la pagina con tutte le sfumature  dell’arcobaleno e voglio fermarmi ad ascoltare una bella canzone e a volare insieme a tutte le mie sensazioni.

Se invece devo dare una definizione, la pagina bianca macchia di segni neri: le parole ordinate secondo le regole che mi hanno insegnato a scuola.
E’ molto meno romantico, ma più utile a capire situazioni complesse.

Amore può dirsi un legame che comporta un certo trasporto, una pulsione ad andare verso qualcuno o qualcosa in modo più o meno potente, più o meno piacevole e completo.
Amore, nella storia della persona dalla sua nascita in poi, vale la pena descriverlo dal punto di vista mentale e psichico, ovvero psicologico e psicoanalitico, anche e soprattutto estrapolandolo dall’esperienza clinica.
Da questo punto di vista, il primo significato che possiamo considerare in ordine di tempo è quello di scambio umorale e affettivo tra componenti della stessa famiglia. Il motivo è semplice: è proprio questa esperienza, che per i figli è la prima in assoluto, che condiziona per tutta la vita il modo di percepire gli altri e di stabilire delle relazioni.
Da questa prima esperienza, per la precisione dal primissimo contatto tra madre e figlio/a, nascono i significati diversi che la persona adulta darà alla parola amore.
I membri di una stessa famiglia vivono migliaia di momenti insieme: gioie, dolori, confronti narcisistici, invidie, gelosie, attaccamento. Ci sono molte sfumature di questo sentimento tra chi si ritrova a condividere la propria vita con altri che non ha scelto, anche quando li avesse desiderati, come dovrebbe succedere ai genitori.

mamma

Vediamole queste sfumature differenti che si sviluppano dal primo giorno di vita, rileggiamole mentre le immaginiamo riportate e rivissute nei rapporti tra adulti.

Amore è tenerezza. E quale tenerezza ci può essere più grande di quella che la madre ha verso la sua creatura appena nata. Guardare per credere.
Amore è possesso.  Non esiste un’idea di possesso più forte di quella che prova la madre verso i figli e in seguito un figlio verso la madre e una figlia verso il padre.
Amore è bisogno ed è speranza. Non c’è bisogno più grande di quello che porta a succhiare il seno e non c’è speranza più forte di quella che spinge il bambino a cercarlo ancora, e ancora e ancora.
Amore è desiderio sessuale. Freud ha descritto il complesso di Edipo come il momento della prova generale della pulsione sessuale del figlio/a verso il genitore di sesso opposto. La prova generale del secondo grande bisogno dell’essere umano: quello di riprodursi.
Amore è amicizia. Tra fratelli e sorelle ci sono momenti di grande amicizia, ma può esserci qualcosa di simile anche tra genitori e figli, almeno finché i figli non entrano nella fase del distacco adolescenziale vero e proprio. Dopo questa fase i rapporti potrebbero tornare ad avere anche aspetti di affetto amicale.
Amore è attrazione per le cose che ci danno altri tipi di piacere. Ancora Freud ha descritto questo tipo di spinta che porta la libido verso forme di arte o di interessi sociali di vario genere e l’ha chiamata sublimazione. Anche questa può essere una forma d’amore.

Infine però c’è una forma d’amore che ha preso particolarmente forza in questo momento storico e in questa società e che sta procurando non pochi problemi alle coppie “adulte”.
E’ l’attaccamento.
L’attaccamento è una condizione indispensabile al bambino piccolo per permetterne la crescita equilibrata.
Si tratta di un comportamento istintuale (infatti è tipico anche dell’animale) che il bimbo piccolo utilizza per tre motivi.

  • Primo per avere la certezza di essere sempre vicino alla figura essenziale al suo nutrimento.
  • Secondo, per sentirsi sicuro rispetto ai pericoli.
  • Terzo, per sviluppare il suo diritto ad essere accudito e la conseguente protesta in caso di separazione.

Visti con gli occhi del bimbo e della bimba appena nati sono tre motivi comprensibili, anzi ovvi perché fanno parte del ciclo naturale.
Ma riportati senza variazioni nella parte di vita tipica dell’adulto diventano manovre artificiali, conseguenze delle minacce che questo tipo di società getta sulle persone ogni giorno.
Quelle che nel piccolo erano difese preziose per la vita, nell’adulto si trasformano in “resistenze”: comportamenti cronici, involontari e inconsci, che impediscono di vivere serenamente.
Così abbiamo i casi sempre più frequenti di persone, adulte, che pretendono dal partner di essere accudite, protette, nutrite (in senso simbolico ma a volte anche reale) come volevano esserlo nella loro prima infanzia.
E si arrabbiamo
quando il partner viene meno a questo “dovere”. Cozze o conchiglie abbarbicate su quella che credono essere la roccia della coppia.

conchiglia abbarbicata sugli scogli

Si aggrappano nel modo più palesemente infantile, con l’angoscia di perdere quella sicurezza con la pretesa che quella persona/roccia resti lì per sempre e comunque a loro disposizione. E se quella si muove si arrabbiano. Già, perché il bimbo e la bimba piccoli si arrabbiano se mamma non dà loro quello di cui hanno bisogno.
Siccome poi quando si arrabbiano facilmente ottengono quello che vogliono, ne deducono che arrabbiarsi fa parte del diritto di avere e va considerato un comportamento vincente, da ripetersi nel corso della vita.
Così iniziano a complicarsi i rapporti nelle coppie adulte: con le pretese tipiche dell’infanzia.
Poi vi si aggiungono gli aspetti che Freud ha studiato più dettagliatamente, ma di questi avrò modo di parlare in un prossimo intervento.
Tornando invece all’attaccamento, ho detto che è la condizione indispensabile al bambino per crescere, che gli permette di sentirsi sicuro, che gli fornisce l’idea che questo sia un diritto.
Man mano che cresce, però, il piccolo dovrebbe avere sempre nuove prove che il suo diritto si trasforma in richiesta e poi in conquista.
La pretesa iniziale lascia il posto al superamento degli ostacoli finalizzato alla soddisfazione di avere raggiunto un certo obiettivo. Dovrebbe capire col tempo che l’amore va conquistato e che nel rapporto di coppia non c’è più quello che c’era nella sua prima esperienza a due: la sicurezza affettiva che gli garantiva la mamma.
Non è affatto detto che lo accetti senza lottare, o addirittura che lo accetti e basta. E qui entra in ballo questa società, perché gli ostacoli si sono moltiplicati negli anni, assumendo le forme più varie. Spesso si presentano addirittura col volto seduttivo di prodotti piacevoli o di individui manipolatori, che promettono la luna per avere da noi un pezzo di terra.
Questa società moltiplica le paure, o meglio le ansie, e spinge ad attaccarci sempre più strettamente a persone che si mostrano amorevoli. L’ansia acceca, diventa confusione, incertezza, dolore profondo ma sconosciuto, Dolore che non si riesce a controllare nemmeno con la reazione più facile: quella della rabbia.

coppia in crisi
Non voglio andare oltre perché mi occorrerebbero troppe pagine ancora. Posso dare un piccolo suggerimento a chi volesse limitare i danni e ripristinare un certo equilibrio affettivo nella propria vita.
Intanto è necessario conoscere se stessi, altrimenti si cerca di nascondere i sintomi e più ancora le cause.
Poi può essere un’idea buona quella di rivolgersi ad uno specialista per abbassare il sintomo dell’ansia. Questo tipo d’intervento è molto difficilmente risolutivo ma ci sono casi in cui aiuta a riprendere la vita lavorativa o di studio in modo quasi regolare.
Non è risolutivo perché di solito non affronta la genesi del sintomo, la causa prima. Facilmente viene studiata l’ultima causa: la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Quindi, se la situazione continua ad essere confusa e dolorosa allora solo una psicoterapia di lunga durata, per esempio a base psicoanalitica (individuale o di gruppo), può ridisegnare gli schemi affettivi distorti nel tempo e fornire gli strumenti con cui gestire e risolvere il dolore.

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