Come una rondine a primavera, torna ogni anno la discussione sulle competenze reali, e su quelle legali, delle tre professioni di counselor, di psicologo e di psicoterapeuta.
E’ un argomento che interessa sia i professionisti sia gli utenti.
Gli utenti sono spesso confusi e ingannati.
Perché?
Il punto è che i counselor vogliono agire da psicologi, gli psicologi da psicoterapeuti e gli psicoterapeuti non sono riconosciuti dagli utenti per specializzazioni precise.
Ne sono un testimone diretto, sia per il mio ruolo di direttore e didatta nella scuola di specializzazione in psicoterapia, sia perché sono vecchio e ho partecipato alla creazione e all’evoluzione di queste professioni dalla fine degli anni ’70!
Ricordo le riunioni col professor Spaltro, fino al convegno di Viareggio in cui gli psicologi tentavano di avere il riconoscimento ufficiale di psicoterapeuti.
Ricordo anche le lotte con la categoria dei medici che non voleva cedere la parola “terapia” ad altri.
Ma partiamo da un esempio.
Prendiamolo proprio nel campo sanitario che è il più affine a noi.
Se una persona vuole diventare medico non deve studiare prima da infermiere o da farmacista, e soprattutto non succede che mentre studia da infermiere o da farmacista possa fare la professione medica.
Ugualmente, oggi e in questa società, un medico generico non può fare il chirurgo se non ha terminato la specializzazione in chirurgia.
Detto questo, vorrei sgombrare il campo da quella serie di difese psichiche che confondono le idee: sappiamo tutti che un infermiere può essere più bravo di un medico, o che un muratore può essere più competente di un geometra o di un ingegnere.
E se andiamo per questa strada, possiamo anche dimostrare che ci sono filosofi, pedagogisti, sociologi, preti e coach, ma anche formatori, astrologi e cartomanti, tuttologi e parrucchieri che possono essere più attenti e di certi psicologi e di certi psicoterapeuti.
Per questo esistono le leggi che mettono delle garanzie minime, delle linee guida, partendo da un preciso corso di studi.
Nel caso degli psicoterapeuti si tratta di più di 10 anni dopo la maturità.
Ci vogliono 5 anni di università, un minimo di 1 anno di tirocinio, altri mesi per la preparazione e la fortuna di superare l’esame di stato e si è psicologi.
Poi ancora 4 anni di specializzazione.
Aggiungete la propria psicoterapia e la supervisione, obbligatorie per chi diventa psicoanalista e inevitabili per chi vuole iniziare col piede giusto, e capirete di che cosa stiamo parlando.
L’Ordine degli Psicologi ha complicato il quadro perché non ha ancora tracciato delle linee di demarcazione chiare tra psicologi e psicoterapeuti.
Tutt’altro.
Si è interessata di separarli dai counselor.
Anzi ha fatto eliminare legalmente la professione di counselor.
Negli ultimi tempi infatti ha ottenuto una sentenza della corte di cassazione che assegna il counseling esclusivamente agli psicologi.
Bene, ma così non mi piace, perché assomiglia troppo a quello che avevano fatto i medici nel ’70: una difesa della casta e basta.
Se l’obiettivo fosse stato la difesa degli utenti avrebbero sollecitato una legge che chiarisse le diverse competenze in base alla preparazione specifica e alle esigenze della società.
Invece no.
Invece la persona che cerca aiuto, per una semplice consulenza o per una vera e propria cura psicoterapeutica non sa ancora dove rivolgersi.
Perché hanno agito così?
Vi spiego i motivi.
Primo, nel consiglio nazionale dell’Ordine e nelle sedi regionali, Lazio in testa, sono più numerosi gli psicologi degli psicoterapeuti.
Secondo, per un principio logico-orale: chi non ha quello che vorrebbe a tutti i costi, mette molta più energia per prenderselo.
E non si preoccupa degli altri. Egoistico? Certamente, come il neonato verso il seno materno.
Terzo, per il fatto illogico, ma vero e diffuso, che ci sono psicologi che pretendono di fare la psicoterapia non essendo ancora specializzati.
Vogliono la scorciatoia.
La parte più incredibile è che questi colleghi non accettino l’idea che la loro pretesa non sia molto diversa da quella di chi è sociologo o filosofo, o fisioterapista, o counselor, o anche astrologo, o cartomante, e vuole fare lo psicologo: non capiscono che loro, come gli altri, si basano sulla narcisistica fantasia di potersi auto valutare, al di là di ogni regola.
Purtroppo non riflettono neanche sul fatto che questo desiderio è già di per sé un segnale d’inadeguatezza psicologica, di ribellione per niente adatta alla condizione di questa professione.
Non mi resta allora che ricordare ai consiglieri dell’Ordine, e a questi psicologi, che la norma più saggia che abbiamo noi psicoterapeuti è quella che suggerisce di sottoporsi ad un’adeguata e profonda psicoterapia prima d’iniziare la nostra delicata professione e mentre la svolgiamo.
Una psicoterapia profonda ed eclettica, un’analisi capace di scavare nei sentimenti più nascosti, passando per la conoscenza delle nostre strutture di resistenza psico-fisica.
Io la suggerisco anche ai colleghi che fanno semplicemente gli psicologi e lavorano nelle organizzazioni piuttosto che nell’ambito dell’appoggio psicologico, spesso in situazioni veramente difficili.
Per se stessi e per il riflesso che avrà sugli utenti.
L’utente ascolta i discorsi più vari e improbabili. Sa che vengono da psicologi e fa di tutta l’erba un fascio.
Questo incide molto sulla fiducia che poi dovrà avere in caso di bisogno e soprattutto sui risultati che ha diritto di ottenere.
Cari colleghi psicologi, ci capiremmo sicuramente meglio se riconoscessimo le nostre vere peculiarità e potessimo parlare la stessa lingua.
Ci capirebbero meglio gli altri professionisti, affini, e ci capirebbe meglio ogni altra persona.